Un anno fa è apparso in libreria un grosso volume rilegato, intitolato semplicemente così: Natale Dickens. È ospitato negli Oscar Draghi di Mondadori, una collana che ha preso il posto dei vecchi Omnibus Gialli. Rispetto al passato, la rilegatura è più leggera, la carta è più sottile, le pagine incollate e non cucite a filo refe. Presumo per contenere i costi, lievitati nel corso degli anni. Massimo Scorsone, che ne è il direttore, ha proposto o ri-proposto molti classici in questa nuova veste. Questanno lancia Il grande libro delle storie di Natale, che contiene quasi cento autori, tra racconti ed estratti di romanzi. Vi si trovano Natali per tutti i gusti: da quello più fiabesco dei Fratelli Grimm e Hans Christian Andersen, a quello più gioioso di Beatrix Potter, da quello più irriverente di Francis Scott Fitzgerald e Mark Twain, a quello che non ti aspetti di Luigi Pirandello o Truman Capote. Emozioni, commozione, divertimento e talvolta qualche brivido giallo.
Prima o poi, quasi tutti gli scrittori sentono il bisogno di cimentarsi in un racconto natalizio, con maggiore o minor fortuna, ed è una moda che dobbiamo a un solo artista: Charles Dickens (Portsmouth, Hampshire, 1812 - Higham, Kent, 1870), uno dei più significativi e popolari autori della letteratura inglese.
Oltre ai suoi romanzi (Il circolo Pickwick, Le avventure di Oliver Twist, David Copperfield, Tempi difficili, Racconto di due città, eccetera) a renderlo celebre è stato proprio il racconto Un Canto di Natale (A Christmas Carol, 1843), tanto che qualcuno ha insinuato che il Natale, come lo conosciamo oggi, sia uninvenzione di Dickens. Sembra infatti che lo scrittore abbia ideato il primo e più famoso di questi racconti su pressione del suo editore, ma senza troppa convinzione. Invece il successo fu immediato e cominciarono ad arrivare continue richieste di ristampe. Tutti a Londra volevano una copia di A Christmas Carol. A quel punto divenne inevitabile proseguire sullo stesso filone per molti anni, così che nel volume sono raccolti i 12 Christmas Books, cioè i racconti che ogni anno Dickens proponeva ai suoi lettori, dopo il successo del primo. A questi lantologia ha aggiunto brani dallamatissimo Il circolo Pickwick (The Pickwick papers, 1836). Dentro il volume troverete anche storie di fantasmi che sfociano nel gotico, se non proprio nellorrido, come Il segnalatore, ma soprattutto ci sono questi racconti, pervasi di spirito natalizio, con personaggi della vita quotidiana inseriti in situazioni realistiche e fantastiche allo stesso tempo. Latmosfera vittoriana delle festività viene fusa con il brivido delle più classiche storie di fantasmi. Io segnalo i titoli principali, lasciando al lettore il gusto di scoprire gli altri: Canto di Natale, Il grillo nel focolare, Il patto col fantasma, Le campane, La battaglia della vita, Un albero di Natale.
In Canto di Natale viene rappresentato un vecchio avaro, scorbutico e senza cuore: il suo nome è Ebenezer Scrooge (e già il suono del nome preannuncia il carattere del personaggio - come Uriah Heep in David Copperfield, per capirci). I soldi sono per Scrooge la sua unica gioia, mentre odia il Natale e tutto ciò che comporta, considerandolo un inganno per gli sciocchi. Finché di notte gli appare lo spirito del suo defunto socio Jacob Marley, avvolto da catene a cui sono legati i forzieri del denaro accumulato in vita. Marley lo invita a cambiare comportamento, ma Scrooge è insensibile anche alla minaccia dellInferno. Allora gli viene annunciato larrivo di tre spiriti, che lo costringono ad accorgersi del suo miserabile modo di vivere. Nel corso della notte dovrà fare i conti con lo spirito dei Natali Passati, con quello del Natale Presente e con quello dei Natali Futuri. Finirà così per scoprire il vero senso e la bellezza del Natale e riuscirà a trasformarsi in uomo migliore, generoso e altruista.
Lopera è stata citata, parafrasata o copiata innumerevoli volte, a testimonianza del suo successo e della sua universalità. Ricordo per esempio A New Christmas Carol, (1924) di un maestro delle storie di fantasmi come Arthur Machen, che ci racconta che cosa è diventato Scrooge dieci anni dopo quella fatidica notte. Addirittura Dino Buzzati, nel racconto Lo strano Natale di Mister Scrooge (1964) riprende il personaggio di Dickens, e scrive un sequel, immaginandolo a bordo di una nave da crociera diretta in Europa. Ci sono poi film e telefilm, commedie teatrali e cartoni animati, oltre a numerose versioni a fumetti. Non stupisce dunque che il personaggio principale sia stato usato dal geniale creatore di fumetti Carl Barks come modello per uno dei suoi paperi: Zio Paperone, in originale, si chiama infatti Uncle Scrooge. Il nome completo è Scrooge Mc Duck ed è dorigine scozzese: si dice che Barks si sia ispirato, oltre che a Dickens, alla figura del banchiere Paul Getty, la cui avarizia era proverbiale (per inciso, si pensa che il suo eterno avversario Rockerduck, con bombetta e occhiali dalla montatura nera, sarebbe ispirato a Rockfeller).
Il racconto dellanno successivo fu Le campane ed è suggestivo e commovente quanto laltro, anche se un po meno noto. Va letto anche per il suo stretto collegamento con lItalia. Il protagonista è un certo Toby Veck, detto Trotty, un fattorino vessato da uomini ricchi, per i quali consegna pacchi e messaggi. Sua figlia sta per sposarsi, ma il matrimonio lo preoccupa non poco perché teme che finisca male. Schiacciato da mille angosce, non riesce a prendere sonno: nella notte di fine anno sente un richiamo di campane provenire dalla chiesa di cui è custode. Sale fino al campanile e qui si ritrova a vivere unesperienza unica, tra sogno e veglia. La novella è divisa in quattro capitoli chiamati quarti, a ricordare le ore scandite dai campanili. Ogni capitolo contiene una visione. Le campane si trasformano in immense figure spettrali, dei goblin che gli mostrano le immagini di un futuro amaro, in cui gli esseri da lui amati, inclusa la figlia, si degradano nella miseria, nella prostituzione, nel crimine, senza possibilità di riscatto. Fino allultimo, non è chiaro se si tratti di premonizioni dun futuro possibile oppure di realtà già concretizzate, mostrate a Trotty perché ormai è anche lui uno spettro, come le campane. Non vi svelo il finale: dovrete leggerlo, che diamine. In compenso vi segnalo che la trama è ispirata ai campanili di Genova perché Dickens trascorse nel capoluogo ligure un capodanno. A raccontarlo è stato il libro Genova con gli occhi di Dickens scritto da Marco Cazzulo e Matteo Frulio. Dickens a Genova soggiornava in villa Pallavicino delle Peschiere e, quando si affacciava da questo palazzo, vedeva il blu del mare, la Lanterna sullo sfondo e la distesa di tetti del centro storico. Durante i giorni di festa come Capodanno i campanili della città vecchia suonavano tutti insieme. Alcune campane erano talmente stonate che a Dickens parvero infestate dagli spiriti. Inoltre il povero Trotty fa indigestione di trippe, un alimento tipicamente genovese, caratteristico della povera gente che non si poteva permettere la carne. Sembra che Dickens in quei giorni si sia imbattuto in popolani della Città Vecchia, ubriachi o affamati, da cui ha poi preso spunto. Il messaggio di questa novella è contrario rispetto alla precedente: non è più la conversione di una persona ricca, ma è un invito per i più svantaggiati a prendere coscienza e reagire di fronte alle oppressioni dei più ricchi. È una visione che potremmo definire socialista, una presa di posizione contro le storture della società vittoriana con le sue enormi disparità sociali. È tipica di Dickens e di molti altri autori del periodo, da Victor Hugo a William Morris (scrittore odiato da Gilbert K. Chesterton per le sue idee). Il commento al volume è affidato a due scritti di Chesterton, che si prodiga in lodi ma in realtà non risparmia qualche frecciata, insinuata qua e là. Si sa che Chesterton era un cattolico ultra - conservatore e non amava le nuove idee del socialismo. Il mio suggerimento è di prendere la prefazione e la postfazione con beneficio dinventario, oppure di non leggerle proprio. Non aggiungono né tolgono nulla alla grandezza di Dickens.
Franco Piccinini (Asti, 1954), si è laureato a Pavia e fino a poco tempo fa ha esercitato la professione di medico. Grande esperto e cultore di fantascienza, ha pubblicato i romanzi "Ritorno a Liberia" (tratto dal suo primo racconto), "Il tempo è come un fiume", il saggio "Scienza medica e fantasie scientifiche" (finalista al Premio Italia 2012 e vincitore del Premio Vegetti 2018), oltre a vari articoli su Nova SF* e racconti su Futuro Europa. Di recente ha pubblicato il saggio "Mondi Sotterranei" per i 700 anni di Dante. Nel 2011 ha iniziato a collaborare con l'editore Solfanelli e con Delos Digital. E' un grande amico della Biblioteca Bonetta e ha precedentemente scritto per il nostro sito anche i seguenti contributi: