Musica classica e cinema di fantascienza


N.d.R. una versione di questo articolo arricchita di interessanti illustrazioni è disponibile in formato PDF a questo link

 

Questa volta metteremo insieme musica, cinema e letteratura. L’articolo è basato sugli incontri tenuti questa estate a Moneglia presso l’antica chiesetta dell’Oratorio dei Disciplinanti, in occasione del festival di Musica Classica tenuto annualmente dalla locale Associazione Musicale Felice Romani. Potrete trovare immagini fotografiche della serata in questo sito FaceBook: https://www.facebook.com/associazionemusicalefeliceromanimoneglia/ . L’articolo è frutto del confronto del sottoscritto con tre persone: Davide Arecco (ricercatore della Università di Genova nel campo della storia del pensiero scientifico, nonché grande esperto e appassionato di musica rock), Laura Dalfino (musicologa, insegnate di bel canto, performer teatrale, ma soprattutto splendida cantante lirica) e Luca Ortino (architetto, pittore, nonché scrittore e agente letterario). Con loro il lavoro di collaborazione si era già concretizzato nella realizzazione dell’antologia di fantascienza musicale “Le Variazioni Gernsback” (uscita presso Edizioni della Vigna e poi ristampata da Mondadori) e nei testi del saggio “Percezione del Clima” (Edizioni Odoya). Non posso che ringraziarli per avermi coinvolto nei loro progetti. Per me è stato un vero onore.

La fantascienza vera e propria non ha quasi mai trovato diritto di cittadinanza nella musica classica, a differenza del fantastico puro, ma conosco alemno due importanti eccezioni. La prima è il balletto Coppelia, accompagnato dalla musica di Leo Delibes: la trama è ispirata al racconto di E. T. A. Hoffmann Der Sandman (L’uomo della sabbia) ed è sostanzialmente la vicenda di un uomo che si innamora perdutamente di un automa di aspetto femminile, anticipando di quasi un secolo i racconti robotici di Asimov. La seconda eccezione è un’opera lirica in tre atti dedicata all’opera che più di tutte ha dato inizio alla moderna fantascienza: Frankenstein di Mary Shelley. È la prima opera del compositore statunitense Mark Grey ed è stata trasmessa in Eurovisione da La Monnaie in occasione della festa della donna l’8 marzo 2019: il libretto d’opera segue piuttosto fedelmente la trama del romanzo, mentre la musica e il canto, per quanto moderni, risultano facilmente fruibili dagli spettatori senza troppe sperimentazioni e voli pindarici. Oltre questi due lavori però c’è ben poco d’altro, per cui ho preferito approfondire il tema delle colone sonore che includono musica classica.

Parlando di colonne sonore, va subito detto che il cinema di fantascienza è stato tra i primi generi ad accogliere gli strumenti elettronici e la musica elettronica. L'associazione tra suoni tecnologici e civiltà del futuro, terrestri o extraterrestri, era già stata sperimentata nella fantascienza letteraria, talora con funzioni narrative fondamentali, come nel caso del Visisonor, lo strumento multimediale che ha tanta parte nella Trilogia Galattica della Fondazione (Foundation and Empire & Second Foundation, 1952) di Isaac Asimov, o di strumenti analoghi in importanti romanzi brevi quali Verdi Colline della Terra (The green hills of Earth, 1947) di Robert Heinlein e Mondo Senza Stelle (World without stars, 1967) di Poul Anderson: evoluzioni futuribili degli attuali sintetizzatori elettronici. Per quanto riguarda le colonne sonore tutto ha avuto inizio con Il pianeta proibito (1953) di Fred M. Wilcox. Fu all’epoca una produzione con un budget superiore alla media, cosa che si nota subito nell’uso degli effetti speciali, la cui trama si ispirava a La Tempesta di William Shakespeare. Lo scienziato Morbius aveva il ruolo del mago Prospero, mentre il robot Robbie aveva il ruolo di Ariel e Calibano, messi insieme. La tempesta del titolo originale veniva sostituita con l’assalto di un mostro di pura energia, enorme ma invisibile, scatenato dal subconscio dello stesso Morbius: quasi una interpretazione psicanalitica del dramma scespiriano, insomma. Una particolare attenzione in questa pellicola è stata posta a creare una colonna sonora certamente aliena per quel periodo: essenziale, incisiva, capace di accendere fortemente quel senso di inquietudine e tensione che sale mentre la vicenda si avvia alla conclusione. Fino ad allora, i film di questo tipo si avvalevano di colonne sonore tradizionali, a imitazione dei thriller di Alfred Hitchcock oppure mutuate dal genere western. Questa volta, cambia davvero tutto: un sottofondo sonoro fatto di segnali acustici e suoni ipnotici, magicamente creati e sapientemente organizzati da Bebe e Louis Barron. Questi due coniugi operavano nel campo della ricerca musicale d’avanguardia, ma negli Stati Uniti non c’erano, negli anni Cinquanta del secolo scorso, grandi distanze tra i musicisti sperimentali e i realizzatori di colonne sonore di film di fantascienza. Lo dimostrano i rapporti tra Louis e Bebe Barron ed il noto musicista sperimentale John Cage, con cui collaboravano. Va ricordato anche che l’informatica era ai suoi inizi: gli strumenti elettronici non si avvalevano di computer e sintetizzatori, ma funzionavano mediante transistor, reostati e valvole termoioniche. Inevitabilmente si realizzò subito un rapporto tra cinema di fantascienza e musica elettronica tra gli spettatori. Gli ascoltatori nei cinema interpretarono la musica elettronica “pura” a modo loro, associandola a immagini aliene o futuribili anche quando non erano minimamente intese così dai compositori. L’emancipazione reciproca tra musica elettronica e cinema fantascientifico è stata faticosa, e in parte ottenuta grazie all’innovazione tecnologica: quando i suoni sintetici sono entrati nella pratica quotidiana della musica popolare (come il progressive rock, il pop elettronico, eccetera – ma questo è un campo diverso, in cui Davide Arecco è certamente molto più preparato di me). Si veda l’uso massiccio che ne ha fatto John Carpenter nelle colonne sonore dei suoi film: Carpenter, com’è noto, non sapeva scrivere la musica, perciò la componeva al computer avvalendosi di sintetizzatori e poi facendosi aiutare a trasferire i suoni sul pentagramma. Film famosi come Halloween, The Fog, Distretto 13, Starman, La Cosa (unico caso in cui l’elettronica venne miscelata a una colonna tradizionale orchestrata da Ennio Morricone) sono stati possibili grazie al lavoro dei Barron. Quasi come reazione, contemporaneamente la fantascienza si è riappropriata (di nuovo all’avanguardia rispetto al resto del cinema) del suono dell’orchestra sinfonica.

Star Trek vs Pianeta proibito

Il ponte tra i due universi musicali è stato la serie di telefilm Star Trek. In effetti molte sono le somiglianze tra la serie creata da Gene Roddenberry e Il Pianeta Proibito, a cominciare dalla creazione dell’equipaggio, senza dimenticare i phaser, i comunicatori e lo smaterializzatore all’interno del disco volante che, nella sua rappresentazione, ricorda molto il teletrasporto di trekkiana memoria. La sezione comando dell’Enterprise ha inoltre una forma a disco (come la Bellerofonte in Pianeta Proibito) e le divise dell’equipaggio, nei primi telefilm, somigliano parecchio a quelle del film. L’elettronica fu poco usata in quei telefilm, ma bisogna ricordare che si trattava di produzioni con un budget limitato ed era una serie così innovativa che il produttore Roddenberry temeva di “spaventare” il pubblico televisivo con un eccesso di sperimentazioni. Il “Theme from Star Trek” (originariamente composto con il titolo “Where No Man Has Gone Before”) è un brano musicale strumentale composto da Alexander Courage per la serie televisiva di fantascienza originariamente trasmessa tra l’8 settembre 1966 e il 3 giugno 1969. La musica è stata riprodotta sia sui titoli di testa che di chiusura della serie originale. I titoli di testa iniziano con l'ormai famoso monologo “là dove nessun uomo è mai andato prima” recitato dalla star della serie William Shatner, accompagnato da una fanfara di apertura. Si nota nell’uso dei fiati e delle percussioni una certa influenza jazzistica. Inizia il tema principale, punteggiato in diversi punti dall'Enterprise che vola verso e oltre la telecamera con un suono “whoosh” per un effetto drammatico; questo suono fu creato vocalmente dallo stesso Courage (altro che elettronica!). Courage ha detto che la sua ispirazione per la parte principale del tema è stata la canzone di Richard Whiting “Beyond the Blue Horizon”, dandogli l'idea di una canzone che era una “”lunga cosa che ... continua ad uscire nello spazio... su un accompagnamento in rapido movimento.”

2001: Odissea nello spazio - colonna sonora, Strauss e gli altri

Ma poi arriva Kubrick e tutto cambia. La scelta della colonna sonora per 2001 è stata molto tormentata. Prima di optare per l’unione dei celebri brani di mostri sacri della musica del XIX e XX secolo, Kubrick rifiutò quelli scritti appositamente da Alex North. Il noto compositore di colonne sonore, scelto dalla casa di produzione, aveva già lavorato con Kubrick nel suo film Spartacus. Ma il regista fece capire, fin da subito, di voler impiegare la musica classica per la colonna sonora di 2001: Odissea nello spazio, in particolar modo “Così parlò Zaratustra” di Richard Strauss, già scelto come brano provvisorio. North cercò quindi di comporre dei brani che rispecchiassero l’atmosfera desiderata dal regista, da inserire nella prima parte del film. Successivamente, però, gli fu comunicato di sospendere la lavorazione sui brani della seconda parte della pellicola e ricevette un’amara sorpresa durante la premiere a Londra. Kubrick era noto per lo scarso rispetto nei confronti di collaboratori, attori e soggettisti: litigò anche con Vladimir Nabokov per Lolita, con Peter S. George per Dottor Stranamore, con Stephen King per Shining, con Brian Aldiss per A. I. intelligenza artificiale - in effetti, l’unico scrittore con cui andava d’accordo era Arthur C. Clarke. North fu invitato a partecipare all’evento presentazione ed era quindi convinto di essere parte integrante del cast, ma scoprì che la sua musica era stata tagliata fuori anche dalla prima parte del film. Kubrick, in sostanza, aveva portato avanti i suoi intenti iniziali, scegliendo per il suo film un mix di musica classica. La colonna sonora di 2001: Odissea nello spazio è il risultato di nomi celebri. Troviamo “Così parlò Zarathustra” di Richard Strauss; “Atmosfere (Atmospheres)”, “Avventure (Adventures)”, “Luce eterna (Lux Aeterna)”, e “Kyrie” di György Ligeti; “Sul bel Danubio blu” di Johann Strauss jr; “Gayane” di Aram Kachaturian. Kubrick amava molto il compositore contemporaneo Ligeti, di cui usò diversi brani in vari film. Il musicista d’origine ungherese nella sua carriera fece molti esperimenti, sia con la musica elettronica che con orchestre tradizionali e cori, componendo musiche polifoniche e dodecafoniche. Atmosphères e altri brani vennero impiegati nella colonna sonora di 2001: Odissea nello spazio di Kubrick, ma la musica fu adattata senza il permesso di Ligeti, il quale intentò (e vinse) una causa contro il regista statunitense, reo di aver utilizzato una porzione di “Aventures” pesantemente rielaborata per la sequenza finale del film. In seguito i due si rappacificarono, anche perché a un musicista sperimentale non capita tutti i giorni di diventare così universalmente famoso. Fu così che altri brani di Ligeti (stavolta con il suo permesso) furono usati come colonna sonora per Shining. Ma fra tutti, a lasciare il segno anche a distanza di ben 50 anni, furono due brani. Anzitutto “Così parlò Zarathustra” di Richard Strauss: il brano accompagna le memorabili scene quando i primi ominidi iniziano a mettere a frutto gli insegnamenti del Monolito, comprendendo di avere tra le mani un’arma utilizzabile per procurarsi il cibo e avere la meglio sui nemici. Una scelta all’apparenza azzardata, assai lontana dallo spazio e dalla fantascienza. In realtà, si rivelò una mossa vincente, che contribuì alla grandezza del film. L’altra scena (strettamente collegata alla precedente) è il rendez – vous tra lo shuttle e la stazione spaziale, che le note del “Bel Danubio Blu” di un altro Strauss (Johann jr) trasformano quasi in un aereo e aggraziato balletto. L’osso usato per uccidere gli uomini scimmia, che volando per aria si trasforma in uno shuttle, è un autentico colpo di genio. Ma questo era Kubrick.

Arancia Meccanica

Kubrick utilizzò ancora la musica classica nei suoi film: in particolare va ricordato l’uso di Beethoven per Arancia Meccanica. Tanto per non smentirsi, anche questa volta il regista litigò con lo scrittore Anthony Burgess, che lo accusò di aver rivoltato come calzini i personaggi e la morale del suo romanzo. Il protagonista (interpretato da un memorabile Malcom McDowell) è un teppista del futuro che ama due cose, per sua stessa ammissione: l’ultra – violenza e Beethoven (da lui definito “il caro Ludovico Van”). La Nona Sinfonia, nota anche come “Inno alla gioia”, in alcuni punti del film viene trasformata in una versione elettronica, curata dal musicista sperimentale di origini brasiliane Walter Carlos.

Zardoz

Dopo i film di Kubrick, molti altri registi hanno fatto ricorso a brani classici per commentare le scene dei loro film, ma non sempre con buoni risultati. Era ormai diventata una moda. Forse il più bravo a seguire le orme di Kubrick è stato John Boorman, a cominciare da Zardoz. Considerato a torto un film minore, in realtà Zardoz è un piccolo capolavoro, ispirato a un grande classico della letteratura di fantascienza: La Città e le Stelle (The city and the Stars, 1956). Guarda caso, l’autore del romanzo è Arthur C. Clarke, lo stesso che ha scritto sceneggiatura e romanzo di 2001 Odissea nello Spazio. Prima di preferire brani classici per Excalibur, Boorman sceglie come colonna sonora, per le scene finali del suo film Zardoz, il secondo movimento della Sinfonia No. 7, op. 92 di Ludwig Van Beethoven. Curiosamente, un recente sceneggiato televisivo sulla parapsicologia, intitolato La Porta Rossa, ha utilizzato lo stesso brano come leitmotiv. Può trattarsi solo di una coincidenza, ma non va scordato che Carlo Lucarelli, lo sceneggiatore, è un esperto di tutto ciò che riguarda il fantastico e il thriller.

Excalibur

Pur non essendo fantascienza ma fantasy, Excalibur ha parecchio a che vedere con le altre opere cinematografiche qui citate. Ispirato a La Morte d’Arthur di Malory e agli Idilli di Tennyson, il film di John Boorman ha una colonna sonora originale scritta da Trevor Jones, in cui non manca qualche interpolazione di musica elettronica, ma i momenti più suggestivi sono accompagnati da brani classici di Wagner (Tristano e Isotta, Parsifal e Marcia funebre di Sigfrido), e dai Carmina Burana di Carl Orff (rivisitazione di un canto goliardico di origine medievale). La scelta di Wagner appare quasi obbligata: la sua tetralogia dell’Oro del Reno è in effetti una lunga saga fantasy, che ha influenzato molti autori contemporanei, da J. R. R. Tolkien a Poul Anderson, Michael Moorcock e George R. R. Martin. Wagner concepiva l’opera lirica come un’opera d’arte totale, anticipando molte delle scelte che si fecero poi nel cinema. Per esempio, nascose l’orchestra in una buca, perché non si vedesse da dove uscivano i suoni (anticipando così l’idea del commento sonoro del cinema), curò personalmente i libretti e le sceneggiature, scelse di caratterizzare ogni personaggio e ogni situazione drammatica mediante i cosiddetti leitmotiv (motivo conduttore), così specifici di tutta la sua produzione. Il brano musicale O Fortuna dai Carmina Burana di Orff è stato utilizzato invece da John Boorman per accompagnare la carica dei Cavalieri della Tavola Rotonda; volutamente il regista ne ignorò gli intenti satirici (originariamente gli studenti parlano nei Carmina “de foemina, de dado et de taberna” …) e ne sfruttò invece il crescendo drammatico, in scene al rallentatore prive di sonoro, come nei migliori film di Sergio Leone.

Il Quinto Elemento

Il quinto elemento (Le Cinquième élément in francese e The Fifth Element in inglese) è un film di fantascienza del 1997 diretto da Luc Besson e successivamente romanzato da Terry Bisson. La pellicola ha per protagonisti Bruce Willis, Milla Jovovich e Gary Oldman. Venne presentato fuori concorso al 50º Festival di Cannes, dove piacque ma suscitò qualche delusione, soprattutto per i costumi eccentrici e un po’ ridicoli, affidati dal regista all’estro dello stilista Jean Paul Gaultier (come gli steward delle astronavi vestiti da marinaretti un po’ gay, oppure l’orribile maglietta arancione indossata per tutto il film da Bruce Willis). Di produzione francese (benché girato in lingua inglese), fu la pellicola più costosa mai prodotta in Europa all'epoca della sua uscita, ma gli incassi ripagarono ampiamente lo sforzo. Il film è stato girato in Inghilterra nei Pinewood Studios (famosi per essere il set dei film della serie di James Bond e delle serie televisive UFO e Spazio 1999). Apparentemente ha una colonna sonora tradizionale, ma contiene una sorpresa per i melomani. La prima parte dell'aria gorgheggiata dalla cantante lirica aliena Diva Plavalaguna (interpretata dalla soprano Maïwenn Le Besco, truccata in modo strepitoso) è Il dolce suono mi colpì di sua voce!, tratta dall'opera Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti (Parte II, Atto III - scena della pazzia). La seconda parte dell’aria diventa un canto polifonico grazie alla sovrapposizione di più tracce sonore, dando così allo spettatore l’impressione delle capacità superiori dell’aliena nel canto lirico.

2022 i sopravvissuti

Tratto dal romanzo sulla sovrappopolazione di Harry Harrison Largo! Largo! (Make room, make room!, 1966), il film 2022 i sopravvissuti è stato diretto da un regista famoso e apprezzato come Richard Fleischer (quello di 20 000 leghe sotto i mari e Lo strangolatore di Boston, tra gli altri). Ha come protagonisti grandi attori come Charlton Eston e Edward G. Robinson. Questo fu il 101º e ultimo film di Robinson; l’attore morì di cancro dodici giorni dopo la fine delle riprese, il 26 gennaio 1973. Heston affermò che sul set nessuno era a conoscenza della malattia di Robinson durante la lavorazione: venne a sapere in seguito che l'anziano attore fu portato via a braccia dopo aver girato la scena della morte del suo personaggio Sol Roth, in quanto troppo debole per alzarsi da solo. Nel futuro distopico proposto dal film, il governo cerca di alleviare il problema della sovrappopolazione favorendo il suicidio assistito dei malati e degli anziani. Questi possono recarsi in cliniche specializzate dette “Templi”, dove muoiono dolcemente, senza soffrire, accompagnati da suoni e immagini piacevoli. In pratica l’attore diede l’addio alla vita e al suo pubblico con una toccante scena di morte. Fu davvero il suo canto del cigno. La scena della morte di Sol Roth contiene musica sinfonica diretta da Gerald Fried e consiste di brani tratti dalla Sinfonia n. 6 (Patetica) di Čajkovskij, dalla Sinfonia n. 6 (Pastorale) di Beethoven, e dal Peer Gynt (Il mattino e La morte di Åse) di Grieg.

Star Wars e John Williams

John Towner Williams (Floral Park, 8 febbraio 1932) è un direttore d'orchestra e compositore statunitense, famoso e apprezzato per le numerose colonne sonore cinematografiche. Ha lavorato molto per i registi Steven Spielberg, George Lucas e Chris Columbus ed è vincitore di cinque premi Oscar per la miglior colonna sonora. Oltre alla saga di Star Wars Williams ha composto le musiche di numerosi film di successo, tra cui Schindler's List, Le avventure di Tintin, Hook - Capitan Uncino, Lincoln, Indiana Jones, E.T. l'extraterrestre, Lo squalo, Jurassic Park, Salvate il soldato Ryan, Superman, Harry Potter, Mamma ho perso l'aereo, e molti altri. In totale ha vinto 5 premi Oscar, 25 Grammy, 4 Golden Globe, 3 Emmy e 7 BAFTA solo per citare alcuni dei tanti premi (in totale è stato premiato 182 volte e nominato 321). Il genere musicale di Williams è considerato dalla critica una forma di neoromanticismo. È un'icona della cultura musicale statunitense, ogni suo concerto ha un massimo di tre bis già predisposti. Al termine di ogni concerto si porta umoristicamente le mani giunte all'altezza del volto, in segno di dormire. Quello è il segnale che il concerto è definitivamente terminato. Fondamentale è il contributo musicale da lui prodotto per la saga di Guerre stellari dal 1977; il successo della colonna sonora, completamente sinfonica, ha ridato grande impulso e slancio al successivo utilizzo di musica sinfonica (talvolta affidandosi a celebri orchestre) nei film. Ha composto anche le musiche per gli altri film della saga di Guerre stellari del 1980, 1983, 1999, 2002, 2005, 2015, 2017 e 2019. Sempre nel 2019 Williams ha composto una colonna sonora per il parco a tema di Star Wars chiamato Galaxy's Edge che gli è valso un Grammy Award l'anno successivo. Nel 1999 George Lucas inizia l'avvio della trilogia prequel di Guerre stellari con Star Wars: Episodio I - La minaccia fantasma, con cui Williams riaccende la creatività che lo ha illuminato negli anni settanta con la vecchia trilogia e che proseguirà nel film Harry Potter e la pietra filosofale di Chris Columbus. Nel dicembre 2015 torna sugli schermi la saga di Guerre stellari con il film Star Wars: Il risveglio della Forza, pellicola che sancisce anche il ritorno di Williams alla colonna sonora. Ha composto la colonna sonora anche per i successivi capitoli, ovvero Star Wars: Gli ultimi Jedi e Star Wars: L'ascesa di Skywalker. Il 18 e 19 gennaio 2020 ha diretto i Wiener Philharmoniker con Anne-Sophie Mutter al violino solista in concerto, eseguendo musiche tratte dalle colonne sonore da lui stesso composte (tra gli altri: Harry Potter, Star Wars, Indiana Jones, Jurassic Park ) e scusate se è poco.

Al primo incontro con il compositore John Williams, il regista George Lucas aveva idee molto precise su quali brani potessero far parte della musica di Star Wars e non è difficile scorgervi in effetti le suggestioni che sono poi diventati i temi centrali della saga. Lucas e Williams hanno infatti usato platealmente come ispirazione le opere di grandi compositori classici come Prokofiev, Strauss, Holst, Wagner. (Secondo Claudio Asciuti nelle scene d’amore c’è anche un po’ di Puccini). Per questi richiami Williams si è spesso guadagnato una reputazione, in ambito musicale, di compositore poco originale. Ma l'ispirazione delle melodie è sempre stata chiara e intenzionale e, colonna sonora dopo colonna sonora, successo dopo successo, si è sicuramente guadagnato la fama di autore di musiche per il grande schermo per eccellenza. E grazie alla sua abilità è anche riuscito a ottenere la guida di tutte le colonne sonore degli altri otto film che compongono la grande saga cinematografica di Star Wars. Per creare una colonna sonora coerente con l’intera saga, ma anche molto legata a singoli simboli e personaggi, John Williams ha usato come strumento i leitmotiv, frammenti musicali che sentiamo quando un particolare personaggio è sullo schermo. Il leitmotiv non è una sua idea, esiste nella musica da sempre, però è nelle grandi opere di Richard Wagner dell’Ottocento che ha trovato un posto centrale. Uno degli esempi più classici è il tema delle Valchirie, nel ciclo dell’Anello del Nibelungo. Sono stati individuati 55 leitmotiv lungo la saga e ognuno di questi indica una specifica persona, un oggetto, un sentimento, una relazione della storia. I leitmotiv cambiano insieme al personaggio stesso durante i vari film. È questa l'idea davvero interessante sviluppata proprio da Williams in oltre quattro decadi: modificare i leitmotiv per sottolineare l’evoluzione psicologica dei personaggi. Nonostante ciò che si crede, non c’entra assolutamente con la fantascienza la famosa sinfonia “I pianeti” (The planets) op. 32 di Holst, sebbene potrebbe aver influenzato John Williams. È una suite per grande orchestra in sette movimenti, scritta dal compositore inglese Gustav Holst fra il 1914 e il 1916. È scritta per un organico particolare, molto ampio, influenzato molto probabilmente da alcune composizioni di Gustav Mahler e Arnold Schönberg. Ma questa suite prende spunto dalla passione dell'autore per l'astrologia e la teosofia e descrive i mondi del sistema solare non come appaiono agli astronomi, bensì agli astrologi. Tuttavia, per il suo contenuto è stata spesso usata come commento sonoro in film di fantascienza e in documentari.

Franco Piccinini


Franco Piccinini (Asti, 1954), si è laureato a Pavia e fino a poco tempo fa ha esercitato la professione di medico. Grande esperto e cultore di fantascienza, ha pubblicato i romanzi "Ritorno a Liberia" (tratto dal suo primo racconto), "Il tempo è come un fiume", il saggio "Scienza medica e fantasie scientifiche" (finalista al Premio Italia 2012 e vincitore del Premio Vegetti 2018), oltre a vari articoli su Nova SF* e racconti su Futuro Europa. Di recente ha pubblicato il saggio "Mondi Sotterranei" per i 700 anni di Dante. Nel 2011 ha iniziato a collaborare con l'editore Solfanelli e con Delos Digital. E' un grande amico della Biblioteca Bonetta e ha precedentemente scritto per il nostro sito anche i seguenti contributi:

 

Vuoi ricevere la nostra Newsletter?