Terzo dal sole (ovvero: torneremo lassù)


È recentissima la notizia che finalmente gli Stati Uniti hanno ripreso a mandare uomini nello spazio. In realtà la corsa allo spazio non si è mai fermata del tutto. Ci sono state molte missioni con sonde automatiche inviate nello spazio più profondo, ci sono i telescopi orbitanti che scoprono a ripetizione  nuovi pianeti intorno alle stelle che ci circondano, c’è la stazione spaziale internazionale che continua a orbitare sopra le nostre teste e a ospitare periodicamente nuovi astronauti (alcuni anche italiani) grazie all’impegno degli europei e dei russi. Mancavano giusto gli americani, vale a dire la nazione che ha portato gli uomini a camminare sul suolo lunare.

Il progetto della NASA si lega a quello della società Space X, che appartiene a un imprenditore privato, un tycoon di nome Elon Musk (è quello che produce l’auto elettrica Tesla), il quale progetta addirittura di mandare nello spazio degli ospiti paganti, inaugurando la stagione del turismo extra-terrestre, e mira a raggiungere Marte. Nel gergo degli economisti è una joint-venture, una collaborazione proficua fra pubblico e privato, che permetterà agli USA di affacciarsi di nuovo lassù. Si chiama Crew Dragon o Dragon 2 (anche conosciuta all'inizio come DragonRider) e dovrà assicurare il trasporto di astronauti da e verso la Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Il lancio è previsto alla fine di maggio 2020 da Cape Canaveral.

In un momento come questo è particolarmente gradita l’uscita di un interessante e piacevole saggio di Giovanni Mongini, che ci parla proprio di questo: delle motivazioni e dei sogni di chi vuole andare nello spazio. Si intitola “Terzo dal sole” e reca un lungo sottotitolo che riassume il significato del saggio: “Sogni e speranze dell’animale uomo alla ricerca della vita”. Mi permetto di consigliarlo per più di un motivo. Per chi non lo conoscesse, Giovanni Mongini è un romanziere e saggista di origine ferrarese; è stato produttore e sceneggiatore cinematografico ed  è uno dei massimi esperti del cinema di fantascienza che ci siano in Italia. Ha collaborato con Dario Argento e Carlo Rambaldi (e scusate se è poco). Possiede una cineteca specializzata molto completa (qualcuno dice fra le migliori al mondo), collezione cimeli cinematografici (alcuni rarissimi) e ha una conoscenza enciclopedica sul mondo del cinema di fantascienza, cosa che gli ha permesso di scrivere numerosi saggi sull’argomento. Ma Mongini è anche un grande appassionato di astronomia (tra i suoi cimeli c’è anche una pietra lunare proveniente dalle missioni Apollo) ed è uno dei pochi che conosco che sia partito dalla scienza astronomica per poi interessarsi alla fantascienza, mentre quasi tutti seguono il percorso contrario. Queste sue due passioni si sono coagulate nel saggio ”L’universo in celluloide; il cinema di fantascienza tra stelle e pianeti” (Edizioni della Vigna, 2016), in cui l’autore per ogni capitolo descrive un corpo celeste, partendo da quelli più vicini a noi: ne descrive prima l’aspetto astronomico, in base alle più recenti conoscenze scientifiche, e poi le opere cinematografiche che lo hanno avuto come sfondo. Il libro si apre con una delle più appassionate difese dei motivi per cui vale la pena di esplorare lo spazio e lo consiglio a chi vuole approfondire maggiormente l’argomento.

Ma per cominciare ci si può accostare a questo saggio, che si legge quasi come fosse un romanzo. Qui l’approccio è un po’ diverso: Mongini parte raccontandoci, per sommi capi, l’evoluzione dell’uomo e lo sviluppo della civiltà, dalla vita nelle caverne fino all’epoca odierna, quella dell’astronomia e dei viaggi spaziali. Quello di condensare in una ottantina di pagine la storia dell’umanità può sembrare un tentativo troppo ambizioso, ma l’autore ci riesce perché fa spesso ricorso al suo sense of humour e non si dà mai troppe arie; inoltre segue uno schema già collaudato da scrittori importanti che lo hanno preceduto. Sono autori come Olaf Stapledon e Arthur C. Clarke, che Mongini conosce molto bene e che riuscivano a fondere insieme filosofia, scienza e narrativa. Per chi non li avesse letti, suggerisco di andarsi a procurare “Infinito” (Last and First Men: A Story of the Near and Far Future, 1930)  e “Il costruttore di stelle” (Star Maker, 1937) di Stapledon, oppure “La città e le stelle(The City and the stars, 1956) e “Le guide del tramonto(Childhood’s end, 1953) di Clarke. Altrimenti, per farsi un’idea, basterà ripensare alle scene iniziali di “2001 Odissea nella spazio”, che lo stesso Clarke sceneggiò assieme a Kubrik. I titoli dei primi otto capitoli dovrebbero rendere bene l’idea del contenuto. Li riassumo qui: “In principio; Ciò che ci distingue; Le prime grandi invenzioni (armi di difesa e offesa, il fuoco, la ruota); Graffiti, linguaggio parlato e scrittura; Scultura e musica; I grandi compagni dell’uomo (cavallo e cane); Studiare il cielo”.

Nella seconda parte del saggio, con la invenzione dei telescopi e poi della propulsione a razzo, Mongini ci trasporta rapidamente verso le attuali frontiere dell’astronomia e dei viaggi spaziali. Non si sofferma solo sui dettagli storici e su quelli tecnici, ma tende a cercare di spiegare i motivi perché questo progresso deve continuare. È la sua appassionata difesa della scienza e della esplorazione dello spazio che rende questo saggio così interessante e lo distingue dai tanti manuali di astronomia o dai reportage sulle imprese spaziali che troviamo in circolazione.

Unica pecca è il fatto che la piccola casa editrice che ha prodotto il volume vende praticamente solo per corrispondenza, o direttamente o tramite una delle grandi case di distribuzione on-line. Perciò, chi volesse leggerlo deve rassegnarsi a ordinarlo. Si può contattare la Edizioni Scudo per ricevere il volume in cartaceo, o acquistarlo a questo link sul sito Lulu.com.

[Giovanni Mongini, Terzo dal sole, Edizioni Scudo, 2017, 190 pagine, brossura, ill.di copertina di Luca Oleastri]

Franco Piccinini

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