Un'incredibile cena di gala: l'opera di Gabriella Greison


La recente ristampa nella collana tascabile TEADUE dell’editore Salani (gruppo Longanesi), mi ha consentito di scoprire un libro di qualche anno fa, di cui non ero a conoscenza. Si tratta di un romanzo, che mi preme segnalare agli attenti lettori che seguono la rubrica di News della Biblioteca Bonetta, dato che è diventato uno dei miei preferiti. Il mio interesse per questo genere di libri dovrebbe essere ormai noto ai frequentatori di questa rubrica, considerato anche l’articolo da me appena pubblicato sui libri del fisico Carlo Rovelli. È un romanzo davvero molto particolare, che meriterebbe una maggiore diffusione. L’autrice si chiama Gabriella Greison: fisica, scrittrice, drammaturga e attrice teatrale italiana. E scusate se è poco. Quando dico “fisica” intendo letteralmente: ha infatti una laurea in fisica nucleare. La sua vocazione è però quella di narratrice e divulgatrice, più che di ricercatrice, ed è in questa veste che ha tirato fuori una storia poco conosciuta ma davvero affascinante. Ma prima di passare alla trama del romanzo, mi sembra giusto offrirvi qualche considerazione generale sul tema dei rapporti tra cultura scientifica e umanistico - letteraria. Gabriella Greison, che aveva già portato nei teatri italiani e svizzeri i suoi monologhi sui fisici del XX secolo, estraendoli dai suoi romanzi, è stata definita “la rockstar della fisica” in quanto è anche dotata di una notevole presenza fisica (perdonatemi lo sciocco gioco di parole: la cosa per una attrice e presentatrice ha la sua importanza). Il suo caso è raro, ma non del tutto isolato. Lo avreste immaginato che Licia Troisi, che ha riempito le librerie con le sue storie fantasy di elfi e maghi, ha una laurea in astronomia, collabora con l’Agenzia Spaziale Italiana ed è una formidabile divulgatrice scientifica nel suo campo specifico? E che Leo Ortolani, famoso per la sua serie di fumetti satirici dedicati al personaggio di Rat-Man, è un geologo e un abituale collaboratore dell’Ente Spaziale Europeo? Il fatto è che tra cultura scientifica e umanistica non esiste una perfetta corrispondenza biunivoca. Come ho sottolineato più sopra, può accadere che uno scienziato possieda una cultura di tipo letterario e/o musicale, mentre è molto più difficile trovare un letterato che ci capisca qualcosa di scienza e tecnica. Pensate che uno dei più grandi divulgatori italiani, il giornalista scientifico Piero Angela, è anche un pianista jazz di tutto rispetto.

Ho già scritto più volte su questo argomento e quindi mi posso permettere di auto – citarmi: “ … Come sosteneva sir Charles Percy Snow nel suo saggio “Le due culture” (The two Cultures, 1964), fino al tempo dell’Illuminismo era possibile che una persona sufficientemente colta fosse esperta sia di arti che di scienze. Da allora, le due culture, quella umanistico – letteraria e quella scientifico – tecnica, si sono sempre più andate separando. Intanto perché le conoscenze si erano espanse al punto che nessuno poteva più possederne la maggior parte e i personaggi come Pico della Mirandola e Marsilio Ficino erano improponibili. Ma soprattutto perché le due culture stavano seguendo percorsi diversi e talora opposti. Non c’è una corrispondenza perfetta fra le due: può accadere che uno scienziato o un tecnico, nel loro tempo libero, si appassionino alla musica, all’arte o alla letteratura, fino a produrne in proprio, magari con buoni risultati. Al contrario, è molto difficile che un letterato o un musicista capiscano qualcosa di scienza o di tecnologia. Potete chiedere ad un matematico che cos’è un endecasillabo, o a un ingegnere che cos’è un quartetto d’archi e forse la risposta vi sorprenderà per la sua competenza; al contrario, è difficile che un poeta conosca il funzionamento del motore a scoppio della sua auto, o che un docente di storia e filosofia vi sappia spiegare il secondo principio della termodinamica. Con le dovute eccezioni, beninteso. Acutamente, C. P. Snow individuava nella rivoluzione industriale (figlia di quella scientifica) un elemento di modernità, teso a migliorare la conoscenza oggettiva della natura. E qui la medicina ha un ruolo fondamentale… Secondo Snowgli umanisti non si sono mai sforzati, né hanno mai desiderato, o non sono mai stati in grado, di capire la rivoluzione industriale, e ancora meno di accettarla … la rivoluzione scientifica è il solo metodo in virtù del quale la maggior parte degli uomini può raggiungere le cose di primaria importanza (anni di vita, libertà dalla fame, sopravvivenza dei fanciulli)”. Sarebbe meglio dunque che i letterati e gli intellettuali si sporcassero le mani con la scienza, almeno un po’. A loro volta gli scienziati sono in maggioranza colpevolmente digiuni di letteratura, di arte, di filosofia (e quindi a rischio di non possedere dei principi etici adeguati). Prosegue Snow: I più, quando chiedevamo quali libri avessero letto, rispondevano modestamente: «Beh, ho provato a leggere Dickens», quasi che Dickens fosse uno scrittore straordinariamente esoterico.Viviamo in un tempo in cui discipline scientifiche nuove come per esempio le biotecnologie impongono con forza la necessità di una reciproca comunicazione tra le due culture. Su temi come la fecondazione assistita, gli OGM, le cellule staminali, la clonazione, troppo spesso ancora si affrontano da una parte gli intellettuali imbevuti del pregiudizio idealistico e crociano e dall'altra i burocrati della tecnologia, senza cercare di comprendersi.” [Tratto dall’introduzione del mio saggio “Da Frankenstein a Star Trek, scienza medica e fantasie scientifiche” – 2018; le frasi in corsivo sono mie, quelle sottolineate di C. P. Snow]. In Italia, rispetto ad altri grandi paesi come Stati Uniti o Cina, il divario sembra essere più grande, forse per il sopravvivere nella scuola di un elemento strutturale legato all’impostazione data inizialmente da Giovanni Gentile, nonostante le ripetute riforme e contro – riforme della pubblica istruzione. Onore al merito, ci sono però editori come Bollati Boringhieri, Longanesi, Salani e Adelphi che operano da tempo con impegno nel campo della divulgazione scientifica. Addirittura, la collana di Longanesi si presenta con il sottotitolo “Contro l’analfabetismo scientifico in Italia”.

Ma torniamo al romanzo. Si intitola “L’incredibile cena dei fisici quantistici” (Longanesi 2016 – Salani 2022) e racconta un episodio così curioso da sembrare inventato, se non fosse che invece è tutto vero e riportato nei libri di storia. Fa parte di una quadrilogia di opere narrative del tipo romanzo-saggio dedicate ai grandi fisici del ventesimo secolo, coloro che hanno creato la fisica quantistica, a cui vanno aggiunte le tre biografie di Greison sulle grandi donne della scienza e altri suoi testi più tecnici. Di tutto questo lavoro, a me sembra che il romanzo più riuscito sia proprio il primo.

Dunque siamo a Bruxelles, il 29 ottobre 1927. Si è appena concluso il Quinto Congresso Solvay della Fisica. La multinazionale della chimica ha riuniti i fisici più illustri dell'epoca. Ora quegli stessi personaggi si apprestano a partecipare a una cena di gala, ospiti dei reali del Belgio. C'è un gioviale Albert Einstein, che fa battute tipiche dell’umorismo ebraico, come suo solito; c’è Marie Curie, la scopritrice della radioattività, che appare saggia e composta ma che nasconde una tresca amorosa extraconiugale; c’è Niels Bohr, che si sente già superato dai ricercatori più giovani, ma maschera bene la tensione sotto un’aria allegra; e poi ancora Arthur Compton, William Bragg, Irving Langmuir... Sono grandi scienziati, menti brillanti, talora eccelse, ma anche uomini e donne come tutti gli altri. Hanno vizi, debolezze, piccole manie, rivalità tra loro. Il romanzo ci restituisce a pieno tutto questo, mescolando abilmente la grande Storia con la S maiuscola alle piccole storie dei protagonisti, miscelando realtà e fantasia, alternando le teorie della fisica ai pettegolezzi. In certi momenti sembra di leggere le pagine di un settimanale di “gossip” tipo Novella 2000, ma poi si passa agli incontri con i grandi della storia. Non mancano gli intermezzi di divulgazione, che servono a spiegare chi sono queste persone e che cosa ci facevano lì, ma sono sempre espressi in un linguaggio semplice e comprensibile e non rallentano il passo della narrazione. Del resto, per la Greison la fisica delle particelle è la passione di una vita, anzi la sua ossessione (come ha scritto lei stessa). Così emerge dalle pagine del romanzo il contrasto a volte aspro tra i seguaci di Einstein, come Erwin Schroedinger, che cercavano una spiegazione del tutto attraverso la teoria del “campo unificato”, e gli innovatori come Wernher Heisenberg, che con il suo principio di indeterminazione stava scardinando tutte le certezze della fisica atomica precedente. Pochi anni dopo, con l’avanzata del nazismo in Germania e poi in Europa, non avrebbero più potuto trovarsi tutti insieme: sarebbero anzi stati costretti a schierarsi pro o contro. E appena una quindicina di anni più tardi la gente avrebbe visto che cosa stavano preparando per il mondo moderno questi signori in frac, riuniti a cena con le rispettive consorti, con le loro astruse teorie: dopo Los Alamos, Hiroshima, Nagasaki, Bikini e così via. La copertina già dice tutto: osservatela bene. È la classica foto di gruppo in bianco e nero virata seppia, poi colorata successivamente come usava allora. Ma le persone presenti sono davvero un gruppo incredibile.

Due parole sullo stile del romanzo. Non aspettatevi sofisticatezze letterarie: Proust, Joyce e Svevo stanno da un’altra parte. La Greison scrive in modo piano e scorrevole, senza fronzoli, proprio come nei suoi monologhi a teatro. Ma sa ricreare a meraviglia le atmosfere dei luoghi e dell’epoca grazie alla descrizione dei dettagli e a dialoghi spigliati (frutto, immagino, delle sue esperienze teatrali e televisive). Sentite il commento di un altro grande della divulgazione come Desmond Morris: “Greison riesce a catturare luoghi, suoni, odori, qualsiasi situazione descriva. Leggere una pagina del suo libro è come vivere una nuova vita. Basta usare la macchina che ha creato lei: del tempo e dei luoghi. Saliteci anche voi, è bellissimo!” Persino il nobel per la fisica Giorgio Parisi ha avuto per lei parole di elogio: “Greison con questo libro dimostra chiaramente che la fisica può essere compresa anche attraverso le storie umane dei suoi protagonisti.”

Io che posso dire più di loro? Una sola cosa: se ancora non lo conoscete, non perdetevelo.

Franco Piccinini, luglio 2022


Franco Piccinini (Asti, 1954), si è laureato a Pavia e fino a poco tempo fa ha esercitato la professione di medico. Grande esperto e cultore di fantascienza, ha pubblicato i romanzi "Ritorno a Liberia" (tratto dal suo primo racconto), "Il tempo è come un fiume", il saggio "Scienza medica e fantasie scientifiche" (finalista al Premio Italia 2012 e vincitore del Premio Vegetti 2018), oltre a vari articoli su Nova SF* e racconti su Futuro Europa. Di recente ha pubblicato il saggio "Mondi Sotterranei" per i 700 anni di Dante. Nel 2011 ha iniziato a collaborare con l'editore Solfanelli e con Delos Digital. E' un grande amico della Biblioteca Bonetta e ha precedentemente scritto per il nostro sito anche i seguenti contributi:

 

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