Il passaggio segreto tra il Castello Visconteo e la Certosa


Quando ho scritto il mio racconto di genere weird “Il passaggio segreto” mi sono documentato sui sotterranei della Certosa di Pavia ed ho così scoperto alcune notizie interessanti che ho poi utilizzato nel racconto.

La Certosa di Pavia fu edificata da Gian Galeazzo Visconti, il vero artefice della potenza e dell’espansione del Ducato di Milano. Gian Galeazzo salì al potere dopo aver fatto imprigionare suo zio Bernabò Visconti. Non che avesse molta altra scelta: rischiava altrimenti di fare la stessa fine. Come si vede, negli intrighi familiari, nella crudeltà e nei tradimenti de Il trono di spade di George R. R. Martin non c’è nulla di nuovo o inconsueto.

Si dice che a quell’epoca ci fosse un passaggio sotterraneo in grado di collegare il castello dei Visconti alla Certosa, anche se si ignora chi e in quale epoca ne abbia ordinato la costruzione. Commenta a questo proposito lo storico pavese Marco Galandra: “L’ipotesi del passaggio segreto è certamente affascinante, però mi sembra azzardata per varie ragioni. In ogni caso, scavando la zona del lato nord del Castello Visconteo di Pavia si potrebbero portare alla luce eventuali manufatti sotterranei”. Galandra si riferisce alla parte delle mura crollate durante l’assedio di Pavia da parte delle truppe francesi. E avrà sicuramente ragione. Tuttavia permettetemi di ricordarvi che gli storici e gli archeologi del diciottesimo secolo dicevano cose dello stesso genere a Heinrich Schliemann: che era un dilettante e non un esperto, che non si poteva prendere Omero alla lettera, che gli antichi non erano in grado di costruire cose del genere, che erano solo leggende, e così via. Alla fine Schliemann scoprì la città di Troia e, guarda caso, proprio dove aveva detto Omero.
Galandra prosegue: “...c’è il problema della segretezza. Un cantiere di queste dimensioni, con i mezzi a disposizione sei secoli fa, avrebbe richiesto moltissima manodopera e un tempo di realizzazione di anni e quindi sarebbe stato impossibile mantenere il segreto”. Ma il modo di mantenere il segreto c’era, brutale ma efficace, purché non si avessero troppi scrupoli, ed era già applicato dagli antichi egizi: bastava uccidere (o minacciare di farlo) tutti quelli che ne sapevano qualcosa.
Ed ecco la proposta di Galandra: “...Se il cunicolo esiste o è esistito, sarebbe partito dal lato nord del Castello Visconteo, distrutto nel 1527 dai Francesi. Allora si potrebbe riprendere l’idea di effettuare degli scavi in corrispondenza dell’ala nord. Ciò consentirebbe di riportare alla luce reperti interessanti e magari, chissà, l’ingresso del passaggio segreto...”

Quella del sotterraneo che collegava luoghi importanti sotto il piano di campagna è un dato storico ma soprattutto una tradizione molto diffusa: in tutti i castelli e in molti monasteri si racconta dell’esistenza di un passaggio segreto. La cosa non deve stupire, poiché tutti i complessi fortificati avevano necessità di una via d’uscita d’emergenza. Tanto per fare un esempio, si dice che Federico Barbarossa, dopo la sconfitta nella battaglia di Legnano, aveva perso il cavallo ed era caduto, perdendo anche lo scudo, così che molti lo diedero per morto. Invece riuscì a sfuggire dal campo di battaglia proprio grazie a uno di questi passaggi segreti: raggiunse così il paese di San Giorgio su Legnano, dove trovò rifugio. Da qui poté tornare a Pavia, città da sempre fedele all’imperatore, e recuperare le forze. In molti luoghi del centro storico di Pavia si narra di passaggi sotterranei, che dovevano collegare diversi monasteri nella cerchia delle mura con il Duomo, oppure alcuni palazzi nobiliari con il castello. Nel Medio Evo, nelle città si costruivano i cosiddetti “castellari”: il termine indicava, nell’italiano medievale, il territorio intorno a un castello. Ma esistevano nelle città aree chiamate allo stesso modo, costituite da un palazzo nobiliare, una torre gentilizia e alcuni edifici di abitazione, che crescevano attorno a una piazzetta o a un vicolo chiuso: erano abitate da un signorotto locale e dai suoi seguaci, a formare una sorta di clan. Era un periodo storico in cui duelli, agguati e faide familiari erano all’ordine del giorno. Basta pensare ai casi più storicamente famosi: Orsini contro Colonna, Pazzi contro Medici…  Pavia non era da meno. In caso di necessità, bastava chiudere l’accesso alla via con un portone o una barricata e il quartiere si trasformava in una sorta di castello, dal cui interno si poteva resistere all’assedio dei nemici. Talvolta, negli scantinati o nelle fondamenta di edifici medievali di questo tipo (e ricordiamo che Pavia aveva un centinaio di torri all’interno delle sue mura) sono state trovate le rovine di questi passaggi, magari murati, o crollati, o incorporati nelle strutture portanti. In qualche caso, venivano identificati come passaggi segreti semplicemente le gallerie dell’antica rete fognaria dei Romani.

Se il passaggio è esistito, per potersi estendere dal Castello Visconteo alla Certosa di Pavia doveva essere lungo almeno cinque miglia. Uno sforzo costruttivo enorme, ma non più dell’edificazione del castello stesso, o dell’edificazione di una cattedrale gotica, o dello scavo dei navigli. Di certo un simile tunnel avrebbe avuto grossi problemi di aerazione e l’unico modo di garantirgli il ricambio d’aria era prevedere delle stazioni di uscita, a intervalli regolari. Un altro storico e scrittore pavese, Alberto Arecchi, sulla base delle tradizioni orali e delle ricerche di vani sotterranei colmati o otturati, ha proposto una ipotesi relativa al percorso del tunnel. Si doveva snodare nelle campagne di quello che allora era il Parco Ducale, territorio di caccia privato dei Visconti. C’erano, secondo Arecchi, cinque tappe del percorso, corrispondenti ad altrettante stazioni di uscita dal sotterraneo, poste a intervalli di un
miglio l’una dall’altra, in luoghi dove non c’erano avvallamenti o corsi d’acqua che ostacolassero il tragitto. Tra l’altro, dividendo lo scavo in tappe sarebbe stato più
facile tenerlo nascosto: bastava cambiare le squadre di scavatori e muratori. Nessuno sarebbe stato a conoscenza del percorso completo. Leggiamo le tappe nella dettagliata descrizione di Arecchi.

1a tappa – Case Nuove dei Canonici: il nome della frazione già ci dice quale fosse il suo ruolo e la sua importanza nel Medioevo.

2a tappa – La Pantaleona e La Rizza: i due insediamenti, adiacenti, sono due tipiche cascine lombarde, costruite con la pianta quadrangolare tipica dei castelli, a imitazione del castrumlongobardo. Oggi sono separate dalla linea ferroviaria Pavia-Milano ma un tempo erano unite.

3a tappa – La Repentita: altra cascina. Potrebbe trattarsi del luogo dove la tradizione vuole che fosse tenuto prigioniero Francesco I, dopo la sconfitta nella battaglia di Pavia. Proprio qui per lui fu creata la zuppa alla pavese. Il re, ferito e prigioniero, fu rifocillato con quel poco che i contadini avevano a disposizione (specialmente dopo i saccheggi delle soldataglie francesi e tedesche): del brodo caldo, del pane secco e un uovo di gallina. Qui si dice che vi fosse un cunicolo sotterraneo, documentato solo dalle testimonianze orali dei vecchi del posto, chiuso una trentina d’anni fa per impedire l’accesso ai ragazzi.

4a tappa – Torre Del Maino di Borgarello, a nord di Pavia: era una antica fortificazione di probabile origine celtica. Il sotterraneo della torre non è esplorabile.

5a tappa – I sotterranei della Certosa di Pavia: non sono mai stati esplorati. Si sa però che esistono. L’intero complesso monumentale della Certosa è provvisto di una intercapedine seminterrata e ventilata. Oggi i muratori usano una tecnica analoga sotto gli edifici residenziali e la chiamano “vespaio”. Il che la dice lunga sulle capacità ingegneristiche dell’epoca. Questo accorgimento ha consentito il mantenimento della struttura nei secoli, contrastando la risalita dell’umidità nei muri, nonostante il clima umidissimo e nonostante le risaie e le marcite che la circondavano.

Il castello di Mirabello, un tempo padiglione di caccia dei Visconti e oggi semi - abbandonato (nonostante da tempo si parli di un suo auspicabilissimo restauro), sarebbe invece escluso dal passaggio segreto in quanto eccessivamente visibile, nonostante si trovi proprio in linea retta sul percorso Pavia - Certosa.

Nel mio racconto “Il passaggio segreto”, contenuto nell’antologia “Gotico pavese” (2015), Torre del Maino diventa il luogo dove fu bruciata la strega-bambina Fiammetta. Sempre in quel racconto la rete di tunnel che ho immaginato sotto la Certosa è molto più estesa del reale, per esigenze narrative: ma dovete pensare che
la sue estensione è in buona parte in un’altra dimensione, perché la piccola Vesna si sposta in un altro piano della realtà, a causa di un incantesimo che rende i tunnel un oggetto topologico, più grande all’interno che all’esterno. Come la Foresta dei Mythago nei romanzi di Robert Holdstock o come il paese delle meraviglie di Alice. Tuttavia non è detto che alla base delle leggende non vi sia un fondo di verità. Occorrerebbe scandagliare il terreno con i mezzi più moderni come il radar e le foto da satellite. Lo abbiamo fatto su Marte e sulla Luna. Perché non tentare anche nelle campagne a nord di Pavia?

Franco Piccinini – marzo 2020


Franco Piccinini (Asti, 1954), si è laureato a Pavia e fino a poco tempo fa ha esercitato la professione di medico. Grande esperto e cultore di fantascienza, ha pubblicato i romanzi "Ritorno a Liberia" (tratto dal suo primo racconto), "Il tempo è come un fiume", il saggio "Scienza medica e fantasie scientifiche" (finalista al Premio Italia 2012 e vincitore del Premio Vegetti 2018), oltre a vari articoli su Nova SF* e racconti su Futuro Europa. Di recente ha pubblicato il saggio "Mondi Sotterranei" per i 700 anni di Dante. Nel 2011 ha iniziato a collaborare con l'editore Solfanelli e con Delos Digital. E' un grande amico della Biblioteca Bonetta e ha precedentemente scritto per il nostro sito anche i seguenti contributi:

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