Dante in salsa wasabi: la versione di Go Nagai


Può sembrare strano ed è certamente molto curioso che nessuno dei grandi disegnatori di fumetti italiani si sia cimentato nell’impresa di ridurre in immagini l’opera di Dante. Illustrazioni sì, tante, ma fumetti mai. Non parlo, ovviamente, dei fumetti umoristici, perché invece quelli hanno scherzato più volte sull’argomento, talvolta anche con buoni risultati. Un esempio è “L’inferno di Topolino” realizzato nel 1954 per la Disney Italiana (cioè Mondadori) dal geniale pittore, animatore e disegnatore Angelo Bioletto, autore tra l’altro dei disegni preparatori per il primo lungometraggio animato italiano: “La rosa di Bagdad” di Anton Gino Domeneghini (1949). La sceneggiatura e i commenti erano stati composti in rima dallo scrittore, poeta e sceneggiatore Guido Martina, che riprodusse in terzine una perfetta imitazione del linguaggio e dello stile dantesco. Una curiosità: sapendo di aver scherzato con un mostro sacro della letteratura, Martina e Bioletto misero in una vignetta anche se stessi all’Inferno, quasi per scusarsi. Un altro simpatico esempio è Geppo, il diavolo buono, nato all’Inferno per sbaglio e incapace di svolgere i compiti che Satana gli ha assegnato. È stato a lungo presente nelle edicole e viene ancora ricordato con simpatia dai giovani lettori di allora (che oggi hanno i capelli grigi o bianchi). Anche qui, per realizzarlo, l’editore milanese Bianconi scomodò alcuni dei migliori disegnatori della sua scuderia, come Luciano Bottaro, Sandro Dossi e G. B. Carpi (tutti poi transitati alla Mondadori come autori Disney). Nel campo dei fumetti “seri”, cioè dal contenuto drammatico e di un certo spessore culturale, possiamo ricordare il maestro Rino Albertarelli, che si è spinto fino a dare la sua visione del Faust di Goethe, con tanto di Mefistofele vestito in puro stile art decò. Ma Dante no, quello era tabù.

Per inglesi e francesi, il contatto tra cultura “alta” e “bassa” è spesso più facile. Da noi invece, la cultura italiana tende a guardare con sospetto tutto ciò che è troppo “popolare”. Per i popoli di lingua inglese, l’equivalente del nostro Dante Alighieri è William Shakespeare: da loro è considerato normale servirsi di trame, idee e citazioni prese dal Bardo di Stratford-on-Avon, anche in contesti molto più prosaici. Non stupisce e non offende nessuno, dalle loro parti, che “Romeo e Giulietta” sia stato riproposto in una commedia musicale come “West Side Story”, o che “La tempesta” sia stato usato come canovaccio per il film di fantascienza “Il pianeta proibito”. Dante e Shakespeare, in definitiva, oltre che essere sommi poeti universalmente noti, sono entrambi entrati con le loro visioni nell’immaginario popolare. Ma ci sono due ostacoli per i fumettisti italiani: il rispetto che sentono di dovere a un poeta così grande e il timore reverenziale che certi contenuti incutono loro.

E così alla fine l’impresa è stata realizzata da un disegnatore giapponese, un autore di manga (così chiamano i fumetti dalle sue parti) di nome Go Nagai. Non è una novità che i giapponesi siano affascinati dalla civiltà occidentale, almeno quanto noi dalla loro. L’autore non è certo uno sconosciuto, neanche in occidente: basta ricordare che sono suoi i disegni preparatori per grandi serie di anime (così in Giappone si chiamano i cartoni animati) quali il grande Mazinga, Jeeg Robot d’Acciaio e così via. Fu proprio lui ad avere l’idea di mettere all’interno dei meca (termine nipponico che indica i robot giganti) il pilota umano che li guida, ideando una simbiosi uomo-macchina con il successo mondiale che tutti sappiamo. Come mangaka (disegnatore di fumetti) Go Nagai è noto anche per la serie di Devilman, un nome che è tutto un programma. Ispirato dalla lettura di Dante, per esplicita ammissione dell’autore, Devilman è per metà uomo e per metà diavolo, impegnato a impedire che i demoni escano dal sottosuolo e conquistino la superficie. La sua lotta è crudele e spesso molto cruenta, con una estetica tipica del genere “splatter”. Si noti che questo personaggio precede di parecchio il successo di “Hellboy” di Mike Mignola (che ne è stato presumibilmente influenzato), oggi più famoso e trasformato anche in una serie cinematografica.

L’adattamento della Divina Commedia di Go Nagai si muove su un piano differente, più elevato rispetto ai soliti manga, è stato fortemente voluto dall’autore e deve essere inteso come una celebrazione e un omaggio all’opera del poeta fiorentino. Il titolo del fumetto in giapponese è Dante Shinkyoku e fu pubblicato originariamente nel 1977. Gli episodi disegnati sono sempre estremamente fedeli al testo originale e trattati con grande rispetto: Go Nagai non elabora nessuna variazione sul tema. Lo stile grafico adotta massicciamente il retino e i tratteggi, di solito assenti dalle sue pagine: soluzione che mira a replicare le famose incisioni di Gustave Dorè, realizzate a metà dell’Ottocento. Anzi, in qualche caso quelle tavole sono state studiate a lungo e ricopiate minuziosamente, fino a sembrare quasi identiche. Go Nagai riesce così bene nel riprendere il tratto grafico del Dorè che sembra voglia raccontare per immagini, come nei fotogrammi di un film, ciò che accade tra una litografia e l’altra. Del resto, lo stile di Dorè a sua volta è stato definito come “cinematografico” ed è questo che lo ha reso così popolare ancora oggi. Il carattere della sua arte si ispirava a Eugene Delacroix, dal quale aveva appreso la ricerca della dinamicità e del movimento delle figure umane, i contrasti di chiaroscuro e la descrizione veristica degli ambienti, ma poi si è spinto avanti in un territorio che è solo suo. Soprattutto, per le sue immagini, si notano di scelte di gusto cinematografico nell’inquadrare le scene (tagli di luce, contrasti, inquadrature panoramica - campo lungo - primo piano - dettaglio). Solo i dialoghi e i primi piani dei personaggi sono influenzati dallo stile nipponico del mangaka: tipici sono gli occhi pieni di scintille delle donne, oppure le goccioline di sudore che imperlano il fiero viso e il naso aquilino del poeta fiorentino. I demoni sono invece raffigurati con l’aspetto che Dorè aveva scelto a suo tempo, dopo un attento studio del testo, cosa che si accorda perfettamente con lo stile horror / splatter di Go Nagai.

Ma se questo avrebbero potuto farlo anche altri disegnatori (come il già citato Mike Mignola di Hellboy), solo questo autore giapponese ha osato proseguire nella sua opera fino a raffigurare le tre Cantiche. Il tratto rigido e stilizzato, talora grottesco, è ovviamente molto più adatto a rappresentare la crudeltà, la volgarità e la crudezza delle scene descritte dal Vate fiorentino nell’Inferno. E infatti la prima cantica occupa circa due terzi dell’opera, mentre le due restanti sono assai più condensate e riassunte. Il Purgatorio è ancora abbastanza semplice, ma disegnare l’ascesa di Dante e Beatrice verso il Paradiso è roba da far tremare i polsi a chiunque. Go Nagai ci riesce appoggiandosi sempre di più al lavoro di Dorè, di cui ripete pari pari le tavole più famose. L’edizione completa è uscita in un librone non proprio a buon mercato, ma che dovrebbe soddisfare i gusti sia degli appassionati di fumetti che quelli dell’opera dantesca, tanto scritta quanto illustrata. Personalmente, lo riterrei anche un ottimo testo divulgativo per le scuole. Dopo una prima apparizione a puntate nei periodici a fumetti importati dal Giappone, per i 700 anni della nascita del Vate l’editore J-POP ha pensato bene di riunire l’opera in un unico volume, stampandola su carta di qualità ed evitando l’uso del colore, che avrebbe guastato la bellezza dei disegni. Non ci si deve dimenticare che i fumetti in Giappone si leggono al contrario: si parte dall’ultima pagina e dal basso, procedendo dal basso in alto e da destra a sinistra, fino ad arrivare a quella che per noi occidentali è la prima pagina. L’editore ha fatto un lodevole sforzo per “rimontare” le vignette in modo che corrispondano al nostro modo di leggere.

Franco Piccinini, ottobre 2022


Franco Piccinini (Asti, 1954), si è laureato a Pavia e fino a poco tempo fa ha esercitato la professione di medico. Grande esperto e cultore di fantascienza, ha pubblicato i romanzi "Ritorno a Liberia" (tratto dal suo primo racconto), "Il tempo è come un fiume", il saggio "Scienza medica e fantasie scientifiche" (finalista al Premio Italia 2012 e vincitore del Premio Vegetti 2018), oltre a vari articoli su Nova SF* e racconti su Futuro Europa. Di recente ha pubblicato il saggio "Mondi Sotterranei" per i 700 anni di Dante. Nel 2011 ha iniziato a collaborare con l'editore Solfanelli e con Delos Digital. E' un grande amico della Biblioteca Bonetta e ha precedentemente scritto per il nostro sito anche i seguenti contributi:

 

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