Anna Linda Callow, La lingua senza frontiere. Fascino e avventure dello yiddish


Uno dei racconti più affascinanti, interessanti, commoventi, ironici e autoironici, profondi, documentati in cui mi sia mai imbattuto. Una lettura gioiosa”: così in un post su Facebook il giornalista e scrittore Stefano Jesurum manifestava il suo entusiasmo per il libro di Anna Linda Callow pubblicato da Garzanti nel febbraio 2023.

Queste parole – e in particolare l’aggettivo “gioiosa” - colgono felicemente quel che ci si può attendere dalla lettura della Callow e si possono bene applicare sia a La lingua senza frontiere. Fascino e avventure dello yiddish sia all’altro suo libro La lingua che visse due volte. Fascino e avventure dell'ebraico, uscito - anch’esso per Garzanti - nel 2019. Sono libri frutto del lavoro pluridecennale di una studiosa dalle solide competenze specialistiche, che insegna Lingua e letteratura ebraica presso l’Università degli Studi di Milano e che ha larga esperienza anche come traduttrice: dobbiamo a lei versioni di opere di saggistica, di narrativa, di poesia dall’ebraico e versioni dallo yiddish di scrittori quali Sholem Aleykhem, Chaim Grade, Israel Joshua Singer.1 Certamente la Callow è profonda conoscitrice dell’ebraico e dello yiddish, ma ai suoi lettori offre anche qualcosa che va oltre la ricchezza di informazioni storico-culturali che ci si può attendere dal lavoro di un’ottima specialista. Scrive in proposito Massimo Giuliani, docente di Pensiero ebraico all’Università di Trento, recensendo La lingua senza frontiere su «Avvenire», il fascino che l’autrice ha subìto nei suoi anni di formazione e di studio lo trasmette ora ai lettori, i quali restano ammaliati dallo stile al contempo erudito e arguto, profondo pur senza pedanteria, di quest’opera che si legge come un romanzo storico e nella quale la scrittrice vive essa stessa da personaggio”.

La lingua senza frontiere è stato subito accolto dall’unanime apprezzamento critico di qualificati lettori. Riportiamo per esempio – traendole da un’ampia recensione su «il manifesto»  queste parole della germanista Roberta Ascarelli :

A questo idioma, dalle radici germaniche ma scritto in caratteri ebraici, che aveva accompagnato per oltre mille anni gli israeliti nelle più diverse esperienze – dalla religiosità del chassidismo ai fermenti rivoluzionari del Bund, dalle proiezioni sociali e personali delle donne a una variegata produzione letteraria – Anna Linda Callow, dedica un viaggio appassionante.

Il filosofo e semiologo Ugo Volli fa riferimento – su «Bet Magazine», mensile della Comunità ebraica di Milano – ai molti pregiudizi sullo yiddish che il libro “conciso e assai piacevole e affascinante di Anna Linda Callow smonta e conclude così:

Dello yiddish oggi sopravvive il mito, la nostalgia, il ricordo di un mondo che fu indebolito durante l’Ottocento dallo sviluppo dell’economia moderna, poi fu perseguitato in ugual maniera dagli zar e dai bolscevichi e infine fu distrutto con disumano accanimento dai nazisti. Callow ci racconta la sua storia, ma anche uno scorcio di quella vita palpitante e di quella grande cultura dell’ebraismo orientale che si definisce appunto col nome della lingua yiddish.

Tra le altre presentazioni del libro liberamente accessibili in Internet si può qui segnalare quella del professor Marc van Oostendorp del Centro di studi linguistici dell'Università di Nimega, disponibile in traduzione italiana sul sito dell’Associazione Culturale Studi Sulla Cultura Ebraico-Tedesca. Molto interessante è anche l’intervista di Daniel Reichel all’autrice pubblicata su «Pagine Ebraiche» con il titolo Yiddish, la lingua della Diaspora, che si conclude con il suggerimento di qualche buon motivo per studiare lo yiddish nell’età della globalizzazione.

Leggiamo ora il risvolto della prima di copertina del libro La lingua senza frontiere.

In questi ultimi anni lo yiddish ha suscitato un crescente interesse in tutto il mondo, eppure solo pochi di noi saprebbero darne una definizione esatta: una lingua ibrida – un misto di tedesco ed ebraico con forti influenze slave – parlata oggi da appena quattrocentomila persone e che tuttavia ha contribuito a fare la storia e la cultura dell'Europa che conosciamo. Senza lo yiddish non esisterebbero i romanzi del premio Nobel Isaac Bashevis Singer e di Mordecai Richler, né i film di Woody Allen o dei fratelli Cohen. E le serie TV Unorthodox e Shtisel non avrebbero avuto il successo planetario che invece hanno riscosso. In questo libro, Anna Linda Callow ci conduce lungo le vie del quartiere ultraortodosso di Williamsburg e attraverso le più belle pagine di letteratura yiddish, ma soprattutto ripercorre insieme a noi le vicissitudini incredibili e appassionanti di una lingua senza patria, e forse proprio per questo senza frontiere [...].

Una passeggiata a Williamsburg” è il titolo dell’ultima parte del libro (“Epilogo”), che prende spunto da un’esperienza personale dell’autrice - in occasione di un viaggio nell’estate del 2000 - di incontro diretto con il mondo ultraortodosso del quartiere di New York nel quale si parla yiddish. A partire da un dialogo occasionale con due donne e da un loro gesto di inclusione e ospitalità il cui sorridente ricordo si è mantenuto vivo negli anni, la Callow sviluppa riflessioni sul variegato mondo ultraortodosso (dei cui “aspetti più indigesti” è consapevole, ma – scrive - “è un errore appiattirlo esclusivamente sulle posizioni più estremiste”), sul diverso valore che parlare lo yiddish nella vita quotidiana assume a New York e in Israele, sulla persistente vitalità di una lingua che – come aveva fatto per secoli - si evolve spontanea con un continuo assorbimento di elementi degli idiomi che la circondano più da vicino. Questa “lingua (anche) della strada” ha un suo particolare fascino, diverso da quello dello yiddish degli studiosi della comunità scientifica, “il più possibile corretto e curato […] e tendenzialmente purista”.

L’incontro con lo yiddish del quartiere di New York è solo l’ultima tappa di “un viaggio, lungo e bellissimo, che partendo nell’XI secolo da Ashkenaz, in Renania, ci porta nel terzo millennio […] passando per l’Italia e Israele […]. E noi, alla fine di questa traversata, in cui l’autrice ci è stata guida appassionata e feconda, ci troveremo più ricchi di conoscenza e di amore per la letteratura, con la mente più aperta e il cuore più grande”, come scrive Marinella Mannelli in una sua recensione su «Toscana ebraica». 2

Quello di Anna Linda Callow è un viaggio nello spazio e nel tempo in quindici tappe, quanti sono i capitoli del suo libro, 3 introdotto da un prologo (“Il treno notturno per Parigi”), dove siamo resi partecipi della gioiosa nascita dell’interesse di una giovane ebraista per lo yiddish, la seguiamo nei suoi viaggi notturni in scomode cuccette a sei posti “per partecipare ai seminari di letteratura yiddish tenuti, in lingua, alla Bibliothèque Medem, un’istituzione quasi leggendaria, fondata nel 1929 all’interno della sezione parigina del Bund, l’Unione generale dei lavoratori ebrei in Lituania, Polonia e Russia”, veniamo a sapere di certe varietà di pronuncia yiddish di parole della loshn koydesh (l’ebraico e l’aramaico dei testi sacri e dei loro commenti) e di come la traslitterazione dei caratteri ebraici sia “una questione che ricorda la terra maledetta di fresco dall’Eterno in Genesi 3,18: spine e triboli farà spuntare per te”.

Le parole stesse dell’autrice – riportate qui di seguito da due pagine del prologo – ci possono dare un primo orientamento per questo viaggio attraverso lo yiddish:

la narrazione di storie sarà un filo conduttore importante di questo libro, anche perché chi si avvicina allo yiddish lo fa di solito per via del fascino esercitato dalle opere letterarie dei grandi scrittori fioriti dalla seconda metà dell’Ottocento fino a quasi tutto il Novecento. Ma prima di parlare di quali storie furono raccontate in yiddish lungo i secoli, bisognerà dire qualcosa sulla lingua stessa. (p. 15)

Nei prossimi capitoli ne seguiremo la storia dagli inizi, a partire da una piccola comunità medievale stanziata sulle rive del Reno; vedremo la sua precoce propensione a travalicare i confini verso est e verso sud; incontreremo lo yiddish elevato a lingua letteraria da un raffinatissimo e ironico erudito di epoca rinascimentale; da una donna volitiva e indomita, una vera iron lady, solo pochi decenni più tardi; da rabbini mistici, innovatori ai limiti dell’eresia. E come in ogni storia che si rispetti vedremo anche il momento della crisi, la nascita di una vera e propria ideologia antiyiddish, intransigente e feroce, nella seconda metà del Settecento: ne conosceremo i portabandiera e seguiremo le reazioni che suscitò in coloro che si ersero a difesa della lingua disprezzata, le motivazioni e le strategie con cui ne promossero la riscossa fino al momento di massima espansione della sua diaspora, nei primi quarant’anni del Novecento. Infine ci confronteremo con gli eventi storici che produssero la situazione odierna [...]. La storia dello yiddish è così avvincente e travagliata da assomigliare alla vita di tanti personaggi della sua letteratura: nelle pagine che seguono faremo la conoscenza di alcuni elementi cruciali della sua biografia. (p. 18)

Lasciamo al lettore / alla lettrice il piacere di compiere con Anna Linda Callow l’intero affascinante viaggio, che più di una volta riserverà sorprese. Saltiamo qui le quindici tappe (pp. 21-205) e ci limitiamo a riportare dalle pagine finali il commosso omaggio dell’autrice a quegli ebrei ashkenaziti che “avevano mangiato di meno per studiare di più. Avevano lasciato il Talmud e la loshn koydesh per impadronirsi di altre lingue, letterature e discipline […]. Avevano riesaminato il proprio retaggio e lo avevano confrontato con quello dei popoli circostanti, avevano letto, tradotto, scritto”. E un commosso omaggio finale è riservato anche alla straordinaria impresa di un uomo che dagli anni Ottanta del Novecento si dedicò a “salvare i libri yiddish del mondo”.

Mentre scrivevo gli ultimi capitoli e rovistavo in Internet in cerca di ispirazione, mi sono imbattuta per caso in un libro scritto da Lansky, in inglese, nel 2005: […] ho cominciato a leggerlo e ho capito che ci sono ancora libri capaci di commuovermi fino ai precordi, come a dodici anni mi aveva commosso Gerusalemme! Gerusalemme! E come in seguito hanno fatto pochissimi altri – tra cui, ovviamente, I fratelli Ashkenazi e Tevye il lattivendolo […]. (p. 212)

Storie e storia, collaboratori, donatori, autori, libri e persone popolano le pagine di questa straordinaria avventura culturale che presto diventò contrabbando di libri yiddish dal Canada, spedizioni da tutto il Sudamerica fino alla Patagonia, dove profughi ebrei avevano fondato comunità utopiche rurali, dallo Zimbabwe, da Cuba con gli ultimi libri yiddish, poche centinaia, rimasti nell’isola. Alla fine di novembre del 1989 Lansky atterrò a Mosca […]. Questa volta però la missione era nel senso opposto, perché, dopo due generazioni di cancellazione di ogni traccia di cultura ebraica, gli ebrei sovietici chiedevano libri in yiddish, che erano stati bruciati a migliaia durante il regime di Stalin, ma le casse di libri già spedite per qualche motivo non arrivavano […]. (p. 216)

Tra il 1864 […] e il 1939, allo scoppio della guerra, quasi 30.000 titoli distinti erano usciti in yiddish, dei generi più disparati. […] Servendosi di una creatura ebraica tutta speciale, che era un miscuglio di loshn koydesh, tedesco, russo, polacco e altro ancora, gli intellettuali dell’epoca avevano espresso una propria visione del mondo e di sé stessi. La letteratura yiddish moderna è stata una letteratura di emergenza e di contestazione, che cercava di trovare una risposta alle questioni gigantesche di un’epoca traumatica. Aiutò i proprietari di tutti quei libri a capire il senso dell’esistenza ebraica nella modernità, ed essi li portarono con sé nei loro spostamenti, li amarono e li curarono, e quando si accorsero che erano in pericolo, aiutarono Lansky a metterli in salvo. Dall’inizio degli anni Duemila il National Yiddish Book Center ha intrapreso la digitalizzazione completa di tutta la letteratura yiddish, prima al mondo a essere stata integralmente trasferita nel nuovo formato. Se essa è in grado di parlare ancora oggi a così tante persone, è perché, io credo, anche sotto la vernice della traduzione si percepisce il travaglio di un'epoca, l'urgenza di un pensiero, il desiderio di conoscere e di spiegarsi che è il destino più alto dell'essere umano. (p. 218)


NOTE

1 Tra gli autori che Anna Linda Callow ha tradotto dallo yiddish menzioniamo qui Sholem Aleykhem (Un consiglio avveduto, Adelphi 2003 - Cantico dei cantici, Adelphi 2004 - Storie di uomini e animali, Adelphi 2007), Chaim Grade (La moglie del rabbino, Giuntina 2019 - Fedeltà e tradimento, Giuntina 2021), Zvi Koliz (Yossl Rakover si rivolge a Dio, Adelphi 1997), Chil Rajchman (Treblinka 1942-1943. Io sono l'ultimo ebreo, Bompiani 2014), Masha Rolnikaite (Devo raccontare. Diario 1941-1945, Adelphi 2005), Israel Joshua Singer (La famiglia Karnowski, Adelphi 2013 - La pecora nera, Adelphi 2015 - Acciaio contro acciaio, Adelphi 2016). Su Devo raccontare, straordinaria testimonianza di una sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti, si veda quanto scrive Francesca Pangallo: “Masha Rolnikaite, Devo raccontare. Diario 1941-1945, traduzione di Anna Linda Callow" in «DEP - Deportate, esuli, profughe. Rivista telematica di studi sulla memoria femminile», n. 45 / 2021, pp. 199-204.


2 Marinella Mannelli, Recensione di: La lingua senza frontiere. Fascino e avventure dello yiddish, «Toscana ebraica. Bimestrale di notizie e cultura ebraica», Anno 36, n. 5, Settembre-Ottobre 2023, pp. 81-82.


3 Ecco i suggestivi titoli dei quindici capitoli del libro: 1. Due parole su un luogo chiamato Ashkenaz / 2. Dall’Italia alla Renania (in vista di un ritorno) / 3. Verso est: la nascita dello shtetl / 4. Un cavaliere ebreo / 5. Una donna di valore / 6. Un’esplosione mistica settecentesca: i nuovi hassidim / 7. Da genio del Talmud a miscredente: Salomon Maimon / 8. Yiddish o jargon? Inizi del movimento yiddishista, ossia, da necessità a virtù / 9. Letteratura! / 10. Di yidishe revolutsye : il Bund e la sua lingua / 11. Tra due mondi: Natan Birnbaum / 12. Ovest ed Est: sogni realizzati e sogni infranti / 13. La notte / 14. Di yidishe medine : lo stato ebraico 15. Un Nobel contestato

a.m.


[Anna Linda Callow, La lingua senza frontiere. Fascino e avventure dello yiddish, Garzanti, Milano 2023, pp. 228, euro 18]


Alberto Moreni - curatore di questa scheda - è stato insegnante e preside in varie scuole della Lombardia. Vive ora a Firenze.

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