Tra gotico e fiabesco: Benjamin Lacombe


Avete notato sulle copertine dei libri la povertà e talvolta la totale mancanza d’illustrazioni degne di questo nome? È una cosa di cui spesso IO mi lamento, ma non credo di essere l’unico. L’immagine è quasi sempre realizzata con semplici soluzioni grafiche, di gusto pop art o vagamente futurista. In alternativa, l’immagine è una fotografia, rielaborata con qualche software. Quando va bene, l’illustrazione c’è, ma è realizzata con la computer grafica. Si direbbe che per l’editoria italiana l’immagine in copertina sia un costo inutile, da ridurre il più possibile. Eppure la copertina è come un biglietto da visita, o un documento d’identità. Se non conosciamo già il contenuto del libro, sovente è ciò che invoglia all’acquisto. Lo sanno bene nei paesi dove l’editoria è più sviluppata che da noi, come in Germania o negli USA: le copertine sono accuratamente studiate e le illustrazioni molto sofisticate. Coloro che le realizzano sono profumatamente pagati. In America vi è una lunga tradizione di illustratori popolari che sono stati autentici artisti: N. C. Wyeth, Frederic Remington, Norman Rockwell… Per non parlare poi delle riviste popolari, soprattutto quelle di fantascienza. Nomi come Virgil Finlay, Stephen Fabian, Edd Cartier, Ed Emshwiller, Frank Kelly Freas, Earle Bergey, Gil Elvgren, Alberto Vargas, per quanto dicano poco a chi non è interessato a queste cose, fanno brillare gli occhi dell’appassionato solo a pronunciarli. Del resto, è noto che una buona immagine può contribuire a far vendere il libro anche del 30% in più. La situazione italiana è diversa, al punto che le illustrazioni sono riservate ai libri per ragazzi o alle collane periodiche da edicola. Ma ci sono eccezioni, naturalmente: una di queste è Benjamin Lacombe, l’artista di cui parlerò questa volta. Si tratta di un pittore, disegnatore e illustratore francese, nato nel 1982 a Parigi, dove vive e lavora. Di se stesso racconta che, fin da bambino, sognava di poter lavorare nel cinema di animazione, con la Walt Disney oppure con Tim Burton. In effetti, a soli diciannove anni già firmava i suoi primi libri di fumetti e illustrazioni, e operava anche nel mondo dell’animazione. Ha sviluppato uno stile molto particolare, che lo rende immediatamente riconoscibile. Anzitutto le sue illustrazioni sono dei veri e propri dipinti, spesso realizzati a tempera, cosa che lo accomuna a grandi illustratori d’oltre oceano come Frank Frazetta o Michael Whelan. Predilige tonalità cupe: i suoi rossi sono dei porpora, degli amaranto, degli ocra; i suoi grigi sembrano pietra o cemento e sfumano spesso nel nero dello sfondo; di conseguenza, le chiazze di colore chiaro bianche, azzurre o verdi risaltano per contrasto. Oserei dire che usa una tavolozza di tipo fiammingo o barocco (si è diplomato alla Ecole Nationale Superieure des Arts Decoratifs de Paris). Ama deformare l’aspetto della figura umana centrale conferendole un aspetto infantile, soprattutto nel caso di giovani donne, che sembrano sempre bambine indifese, dai grandi occhi spalancati. In questo segue una tendenza dell’arte figurativa contemporanea: per esempio, Fernando Botero deformava i suoi protagonisti rendendoli obesi e quasi sferici, mentre Xavier Bueno dava loro un aspetto infantile e malinconico, che ricorda molto lo stile di Lacombe. La sua predilezione per le illustrazioni ispirate al mondo delle fiabe e dei racconti per bambini e ragazzi lo ha portato a diventare così famoso da esporre le sue opere nelle gallerie d’arte di mezzo mondo. Da poco una sua grande mostra si è tenuta in Svizzera a Yverdon, sulla sponda francese del lago di Ginevra. Se qualcuno volesse andarci, il posto si chiama “La Maison d’Ailleurs” ed è composto da due edifici che contengono la collezione personale dello scrittore e collezionista Pierre Versins. Uno dei due edifici ospita una impressionante collezione tutta dedicata a Jules Verne e alle illustrazioni fin de siecle dei suoi romanzi, mentre l’altro contiene migliaia di volumi, riviste e illustrazioni dedicate alla fantascienza e al fantastico, ma non solo.

Credo che oggi Lacombe sia uno degli artisti più pagati in assoluto, nel campo dell’illustrazione dedicata ai giovani. Questo non gli ha impedito di lavorare anche su classici della letteratura per adulti. In questo ambito appare evidente la sua predilezione per i romanzi gotici, oltre che per fiabe, miti e leggende, probabilmente per un gusto personale influenzato dalle atmosfere “dark” e dallo humor nero dei film di Tim Burton, di cui è sempre stato ammiratore. Segnalo ai lettori di questa rubrica alcuni titoli usciti in Italia.

Dopo alcuni classici come “Notre Dame de Paris” di Victor Hugo e “I racconti macabri” di Edgar Allan Poe, ecco comparire “L’ombra del Golem” (Gallucci editore). Si tratta di un’opera sospesa a metà tra il romanzo storico e il gothic novel, concepita per ragazzi e adolescenti ma godibilissima anche per gli adulti. L’autrice si chiama Eliette Abecassis ed è di origine ebraica. La sua formazione culturale le consente di raccontarci la storia non solo del rabbino Loew di Praga, che animava il Golem per difendere il suo popolo, ma anche degli altri personaggi del tempo che vivevano alla corte dei principi in quell’epoca, come il matematico, alchimista e occultista John Dee, l’astronomo Tycho Brahe, il pittore Arcimboldo. Personalmente, ho apprezzato molto di più questo romanzo della famosa opera di Gustav Meyrink sullo stesso tema. Ma è un giudizio personale: non sentitevene vincolati. Gustatevi però appieno le immagini.

Seguono due volumi dedicati ai racconti orientali di Lafcadio Hearn: “Storie di fantasmi del Giappone” e “Spiriti e creature del Giappone” (edizioni l’Ippocampo). L’autore è un personaggio dalla vita avventurosa e improbabile quanto uno dei suoi racconti. Nacque sulle rive del mar Egeo da un ufficiale della Marina Britannica e da una giovane donna greca (praticamente, come Corto Maltese…). Ciò spiega lo strano connubio tra il suo nome e il suo cognome. Visse la giovinezza tra il Galles e l’Irlanda, poi emigrò negli Stati Uniti in cerca di fortuna. Non ebbe successo né come giornalista né come narratore, ma alla fine della sua carriera si trasferì in Giappone, dove sposò una donna del posto. A quei tempi, raramente le ragazze accettavano di sposarsi con un gaejin,vale a dire un “barbaro”. Il matrimonio invece funzionò bene: ebbero dei figli e Lafcadio Hearn trovò la serenità nei suoi ultimi anni. Imparò a conoscere profondamente la cultura nipponica e il risultato fu la sua opera di maggior successo: una raccolta di oltre quaranta leggende, fiabe e storie di fantasmi, che si ristampa continuamente e si legge tuttora con piacere. In questo caso, si noti come Lacombe piega il proprio stile abituale a imitare le stampe giapponesi di Hokusai e Utamaro, pur non rinunciando alle atmosfere gotiche. Dopo questi due volumi, lo studio dell’arte figurativa del Sol Levante ha spinto poi Lacombe a illustrare da par suo la storia di Madame Butterfly, che non è mai apparsa così indifesa, violata e maltrattata dagli uomini e dal destino.

Si prosegue con “Ondine” (Ed. Rizzoli), ispirata al mito germanico e al racconto romantico che ne trasse lo scrittore franco/tedesco Friedrich de la Motte Fouqué. In questo caso, prevalgono ovviamente i colori pastello e le sfumature del verde e dell’azzurro, poiché la tragica sorte dell’ondina del Reno si sviluppa nel profondo delle acque. La ricchezza di dettagli e alcune scelte delle immagini strizzano l’occhio alla pittura preraffaellita (La morte di Ofelia, La lady di Shalott), pur senza tradire lo stile consueto di Lacombe. In “Alice nel paese delle meraviglie”, pur rispettando in pieno l’universo immaginario di Lewis Carrol, Lacombe si diverte a mantenere nelle linee generali e i colori e la raffigurazione grafica dei personaggi disneyani, ma li modifica secondo il proprio stile in base alla visione dark che ne ha dato Tim Burton nei suoi film.

Direi che come consigli di lettura potrei fermarmi qui. Ma ho il sospetto che, una volta conosciuto l’autore, vi potrebbe venir voglia di acquistare anche le sue illustrazioni per le fiabe più tradizionali, come “Biancaneve”, “Bambi”, “Cappuccetto Rosso” e così via. Anche se sono state concepite più specificatamente per un pubblico giovanile, dai commenti che leggo in giro mi sa che sono parecchi gli adulti che comprano questi libri per il gusto di sfogliarli loro stessi, non per regalarli a un bimbo. Il suo stile a volte può caricare le fiabe di un carattere troppo visionario per catturare l’immaginazione di un bambino; forse può funzionare meglio su un adolescente abituato ai fumetti (soprattutto quelli francesi). Ma solo un adulto può cogliere le citazioni dei grandi pittori del passato che Benjamin Lacombe si diverte a disseminare nelle sue tavole.

Franco Piccinini, maggio 2022


Franco Piccinini (Asti, 1954), si è laureato a Pavia e fino a poco tempo fa ha esercitato la professione di medico. Grande esperto e cultore di fantascienza, ha pubblicato i romanzi "Ritorno a Liberia" (tratto dal suo primo racconto), "Il tempo è come un fiume", il saggio "Scienza medica e fantasie scientifiche" (finalista al Premio Italia 2012 e vincitore del Premio Vegetti 2018), oltre a vari articoli su Nova SF* e racconti su Futuro Europa. Di recente ha pubblicato il saggio "Mondi Sotterranei" per i 700 anni di Dante. Nel 2011 ha iniziato a collaborare con l'editore Solfanelli e con Delos Digital. E' un grande amico della Biblioteca Bonetta e ha precedentemente scritto per il nostro sito anche i seguenti contributi:

 

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