I gatti e la letteratura fantastica


La festa del gatto è nata in Italia nel 1990 e viene celebrata il 17 febbraio. Questa data è diversa da paese a paese: in Polonia è lo stesso giorno dell’Italia, mentre negli Stati Uniti d’America cade il 29 ottobre e in Russia il 1° marzo. Sembra che la data proposta sia legata a considerazioni di tipo numerologico e astrologico (cosa che non deve stupire, se parliamo di gatti). “… febbraio è il mese del segno zodiacale dell' Acquario, ossia degli spiriti liberi ed anticonformisti come quelli dei gatti, che non amano sentirsi oppressi da troppe regole … il numero 17, nella tradizione italiana, è sempre stato ritenuto un numero portatore di sventura, stessa fama che, in tempi passati, è stata riservata al gatto; la sinistra fama del 17 è determinata dall'anagramma del numero romano che da XVII si trasforma in “VIXI” ovvero “sono vissuto”, di conseguenza “sono morto”. Non così per il gatto che, per leggenda, può affermare di essere vissuto vantando la possibilità di altre vite… XVII diventa quindi 17, cioè 1 vita per 7 volte…”. Non ci si può dunque stupire se proprio in questo mese esce, per i tipi di Ugo Mursia Editore, una antologia di racconti tutta dedicata ai felini. Fa parte di una collana dall’opportuno titolo di “Felinamente”, che è già composta ormai da sei dozzine di titoli. Nella collana è possibile trovare molti testi famosi di autori che si sono occupati di gatti nella loro narrativa, da Poe a Kipling, da Theophile Gautier a Lafcadio Hearn, da Lewis Carrol a Lovecraft, passando per Balzac, Maupassant, Le Fanu e così via. In molti casi si sfiora la narrativa fantastica o vi si entra in pieno ed ecco perché questa antologia ha trovato qui la sua migliore collocazione. Il titolo scelto in questo caso è “Gatti dall’altrove”, a cura di Marina Alberghini e Luca Ortino, con prefazione di Gianfranco De Turris. Comprende racconti di genere fantastico, favolistico, orrorifico e fantascientifico, aventi a protagonisti uno o più gatti. Gli autori di entrambi i sessi sono tutti italiani. E gattofili, naturalmente. Vi si trovano molte scrittrici che semplicemente amano i gatti, mentre altri sono professionisti del fantastico e fanno parte dell’associazione World Science Fiction Italia: Donato Altomare, Antonio Bellomi, Tea Blanc, Adalberto Cersosimo, Alessandro Fambrini, Mauro A. Miglieruolo, Caterina Mortillaro, Chiara Onniboni, Luca Ortino e via elencando. Ci sono anche io, con una particolare variazione sul tema.

Che vi sia una relazione particolarmente stretta tra gli scrittori e i loro gatti è cosa nota. Si potrebbe dire che, se il cane è il miglior amico dell’uomo, il gatto lo è degli scrittori. Vale forse la pena di ricordare alcuni dei nomi più importanti, con particolare attenzione al mondo della narrativa dell’immaginario. Artisti “maledetti” come Charles Baudelaire, Algernon Swinburne, Louis-Ferdinand Céline, Charles Bukowski, William Burroughs nelle loro opere parlano spesso dei propri gatti, presumibilmente per via del loro spirito libero e indipendente. Il poeta T. S. Eliot adorava i gatti al punto da scrivere su di loro 15 poesie. Li considerava alla stregua di figli e amava descrivere le loro eccentriche personalità. La sua raccolta “Il libro dei gatti tuttofare” ha ispirato il famoso musical “Cats” di A. Loyd Webber. Ernest Hemingway era anche lui un grande amante dei gatti: possedeva Snowball (palla di neve) un gatto bianco esadattilo, i cui discendenti vivono ancora nella casa dello scrittore a Key West, oggi trasformata in museo. Il termine si riferisce a un particolare tipo di felino domestico dal pelo bianco, dotato di sei dita per zampa anziché cinque. Un mutante, insomma. Hemingway amava i gatti e ne aveva intorno una piccola colonia, ma non amava allo stesso modo gli altri felini, visto che gli piaceva andare in Africa a caccia, per uccidere i leoni…

Nel campo del fantastico, il primo nome che emerge è quello di Edgar Allan Poe: l’autore dell’inquietante racconto “Il gatto nero” (The black cat) aveva una micia di nome Cattarina, detta Kate, che gli stava sulla spalla mentre lui scriveva. Anche Mark Twain possedeva un gatto, cui aveva messo il nome di Bambino. Era un gatto nero con una macchia bianca, di una razza che gli americani definiscono “tuxedo cat”: gatto con lo smoking. Quando lo perse, offrì una mancia assai cospicua per chi glielo avesse riportato. Purtroppo, si sa, non sempre i gatti che si allontanano riescono a tornare a casa alla fine dei loro vagabondaggi. Neil Gaiman, autore di “American Gods”, “Cimitero senza lapidi” e “Coraline”, sul suo blog spesso scrive dei comportamenti dei suoi gatti, Hermione, Pod, Zoe, Princess e Coconut, a volte straordinari a volte eccentrici. C’è poi Lewis Carrol, che nel Paese delle Meraviglie fa incontrare ad Alice il famoso Gatto del Chesire: è l’unico esemplare mai esistito di felino che sorride. Anzi, quando scompare il suo sorriso rimane a lungo nell’aria come un fantasma. Carrol amava i gatti non meno dei bambini: c’è una micetta di nome Kitty anche nel Mondo al di là dello Specchio in cui scivola Alice.

Anche scrittrici molto speciali hanno scritto opere ispirate ai loro compagni a quattro zampe. Doris Lessing ce ne parla nel romanzo “Gatti molto speciali”, mentre Patricia Highsmith affronta il tema da un punto di vista molto più cupo nei racconti dell’antologia Delitti bestiali” (The Animal-lover's Book of Beastly Murder) dove i felini, ma anche molti altri animali domestici, si ribellano ai padroni e cercano di ucciderli. Spesso riuscendoci. Al confronto, l’Alfred Hitchcock de “Gli Uccelli” è un dilettante.

In campo fantascientifico, sono davvero tanti gli scrittori che amano questi animali. Un elenco, necessariamente sommario e incompleto, deve includere almeno Robert A. Heinlein, Mike Resnick, Fritz Leiber, Cordwainer Smith, George R. R. Martin.

Heinlein è autore di “La porta sull’estate” (The door into summer, 1956), storia di un inventore e del suo compagno a quattro zampe. Sentite come ce lo descrive nel memorabile incipit del romanzo: “Un inverno, il mio gattone, Petronius l’Arbitro, e io vivevamo in una vecchia fattoria del Connecticut. Quel posto aveva 11 porte che davano sull’esterno, 12 se si contava quella di Pete. Ho sempre fatto in modo di mettergli a disposizione una porta tutta sua, in questo caso un’apertura larga appena quanto l’ampiezza dei baffi di Pete. Ho passato troppa parte della mia vita ad aprire porte a questo o quel gatto”. Nel corso del romanzo il nome del gatto Petronius è spesso abbreviato in Pete.Nel Connecticut gli inverni sono duri e Pete, che non gradisce neve e freddo, si fa aprire tutte le porte prima di uscire: “non smetteva mai di cercare quella porta dell’estate”. E se siete dei gattofili, sono convinto che a questo punto vi verrà voglia di correre a cercare quel vecchio romanzo. Ovviamente ci sono felini in molte altre opere di Heinlein, che viveva circondato di gatti: in uno degli ultimi romanzi “Il gatto che attraversa i muri” (The Cat Who Walks Through Walls, 1985) il protagonista è un gatto di nome Pixel, che ha l'inspiegabile tendenza a comparire in qualsiasi luogo capiti al narratore di trovarsi, come se per lui spazio e tempo non contassero. È un riferimento al paradosso del gatto di Schrödinger (ma di questo parleremo un’altra volta) e il pretesto per una sarabanda di trasferimenti in universi paralleli. Heinlein è anche noto per un suo aforisma: “Le donne e i gatti faranno quello che vogliono e gli uomini e i cani dovrebbero imparare a rilassarsi ed abituarsi all'idea”.

Fritz Leiber, altro gattofilo, è autore di un romanzo di fantascienza pubblicato nel 1953: “Il verde millennio” (The Green Millennium). Qui il protagonista è Lucky, un micio in tutto e per tutto simile agli altri che girano per le nostre case, se non fosse che ha il pelo di un bel verde brillante. Lucky in effetti è un essere alieno, trasportato dagli abitanti del sistema di Vega sulla Terra, per conquistarla in un modo molto particolare, così come è già accaduto sul loro pianeta. Il gatto verde, infatti, è un simbionte “portatore di pace e di comprensione”, che viene “ripagato in cibo, amore e protezione”. È un ruolo che in realtà svolgono tutti i gatti “normali”, più o meno (come sa chiunque ne possiede uno), ma qui è moltiplicato per un fattore di dieci. Lucky è telepatico e la venuta della sua specie sulla Terra porterà un’epoca di pace ed armonia, ponendo termine alle lotte e ai conflitti: il verde millennio di cui parla il titolo. Sempre Leiber, nel suo romanzo “Novilunio” (The wanderer, 1964) ci racconta di una razza extraterrestre molto progredita, evolutasi dai felini anziché dalle scimmie antropomorfe, il cui ingresso nel sistema solare causa, sia pur involontariamente, catastrofi naturali inimmaginabili. Dopo di che, con indifferenza tipicamente felina, se ne vanno altrove. Addirittura in “I tre tempi del destino” (Destiny times three, 1945) ci conduce in un universo parallelo dove, dopo una guerra nucleare, la razza umana è tornata a uno stadio primitivo di civiltà ed è dominata da un’altra razza: i gatti. I quali trattano gli uomini più o meno come noi oggi trattiamo loro.

Cordwainer Smith è stato l’autore di un vasto affresco di storia del lontano futuro, nel quale immaginava che, fra alcuni secoli, gli esseri umani saranno diventati immortali e verranno guidati dai misteriosi e potenti Space Lords, i Signori dello Spazio, umani ma con poteri semidivini. Come loro servitori vengono utilizzati i cosiddetti Habermann o Underpeople, vale a dire sotto-persone, di aspetto perfettamente umano ma in realtà geneticamente differenti. Sono animali, modificati da una scienza biologica avanzatissima per somigliare a noi, ma scodatevi la favola di Esopo. Sono sfruttati, più o meno come gli schiavi ai tempi dell’antico Impero Romano, e costretti a portare nel nome una iniziale che ricorda la loro provenienza genetica, per non essere confusi con i “veri” esseri umani. Tra i personaggi di questa storia futura figura C-Mell, una ragazza/fascino: il termine indica una via di mezzo tra una geisha, una etera greca e una escort di lusso. Questa femmina così seducente ha una storia d’amore segreta con Lord Jestocost, uno dei potenti Signori dello Spazio, come ci viene riferito nel racconto “La ballata di C-Mell perduta” (The ballad of lost C-Mell, 1962). Smith scrisse la loro storia ispirandosi a una antica leggenda cinese, che narrava di una concubina segretamente amata dall’imperatore. Il personaggio di C-Mell, però, non è del tutto inventato. Smith e la moglie possedevano una gatta di nome Melanie, della quale erano entrambi letteralmente innamorati. Il nome della protagonista è in realtà la contrazione di “Cat Melanie”, la gattina dell’autore. Se non è amore questo…

George R. R. Martin, infine, oggi è ricco e famoso grazie alla serie di romanzoni su “Le cronache del ghiaccio e del fuoco” e alla versione televisiva nota come “Il trono di spade”. Ma prima di tutto è stato uno scrittore di fantascienza e, in questa veste, ha prodotto una serie di racconti spaziali aventi a protagonista un vagabondo del cosmo di nome Haviland Tuf. Il protagonista de “I viaggi di Tuf” (Tuf voyaging, 1986) vive perennemente a bordo di un’astronave, in quasi totale assenza di gravità, perciò è altissimo, pallido, grasso e flemmatico. Vegetariano convinto, è amante dei gatti, che scorrazzano a centinaia lungo la sua astronave, lunga ben trenta chilometri. È l’ultima nave inseminante dello svanito Corpo Genieri Ecologici. Anche Tuf è un convinto ecologista e viaggia tra i pianeti coloniali offrendo i suoi servigi, che consistono nel produrre rimedi biologici ai disastri ambientali, creare nuove forme di vita, oppure sviluppare cure per nuove malattie. Assolutamente raccomandati per chi ama l’ecologia e l’ambientalismo, questi racconti faranno ovviamente anche la felicità dei gattofili di tutta la Galassia.

Qui mi fermo, perché l’elenco dei fantascientisti gattofili diventerebbe troppo lungo e quindi, inevitabilmente, noioso. Credo di aver dato un’idea dell’ampio ventaglio di idee e interpretazioni che si possono trovare sul tema dei gatti. Molte di queste, e altro ancora, trovano posto nell’antologia “Gatti dall’altrove” di Mursia. Auguro quindi agli eventuali acquirenti buona lettura e buona Giornata del Gatto.

Franco Piccinini, febbraio 2022


Franco Piccinini (Asti, 1954), si è laureato a Pavia e fino a poco tempo fa ha esercitato la professione di medico. Grande esperto e cultore di fantascienza, ha pubblicato i romanzi "Ritorno a Liberia" (tratto dal suo primo racconto), "Il tempo è come un fiume", il saggio "Scienza medica e fantasie scientifiche" (finalista al Premio Italia 2012 e vincitore del Premio Vegetti 2018), oltre a vari articoli su Nova SF* e racconti su Futuro Europa. Di recente ha pubblicato il saggio "Mondi Sotterranei" per i 700 anni di Dante. Nel 2011 ha iniziato a collaborare con l'editore Solfanelli e con Delos Digital. E' un grande amico della Biblioteca Bonetta e ha precedentemente scritto per il nostro sito anche i seguenti contributi:

 

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