Grazia Nidasio, in memoriam


A pochi giorni dalla scomparsa a Vigevano di Giuseppe Lippi, da lungo tempo direttore di Urania, anche Grazia Nidasio se n’è andata. Con lei se ne va un altro pezzo pregiato del fantastico italiano. È stata una straordinaria figura di grafica, disegnatrice, pittrice (si era diplomata all’Accademia di Brera) ma soprattutto di fumettista. Aveva vinto molti premi, tra cui quello prestigiosissimo dedicato ad H. C. Andersen. E proprio come in una fiaba di Andersen si è spenta nella notte di Natale. In molti hanno speso parole per ricordarla, su scala nazionale: anche sui quotidiani e nei telegiornali. Era milanese d’origine, ma ha sempre vissuto a Certosa di Pavia ed è giusto che sia Pavia a ricordarla in modo speciale.

La signora ha creato moltissimi personaggi, ma verrà sicuramente ricordata per aver inventato una ragazzina, un’adolescente in cui le sue coetanee potessero identificarsi. Questo personaggio si è evoluto col trascorrere delle epoche, ma è sempre rimasto quello di una tredicenne con i problemi, i turbamenti e gli slanci di ogni ragazza della stessa età. All’inizio si chiamava Violante Rock ed era una tipa che, pur provenendo da una famiglia che più normale e borghese non si può, sognava di diventare cantante e andare a San Remo, o di incontrare i nuovi complessi che venivano dall’Inghilterra. La Nidasio volutamente l’aveva disegnata perché assomigliasse alle cantanti pop/rock di allora come Françoise Hardy, Sylvie Vartan o la nostra Patty Pravo. Poi il personaggio si è evoluto in Valentina Mela Verde, in un momento in cui la ribellione giovanile veniva sostituita da un riflusso verso i piccoli problemi personali, e fisicamente faceva riferimento alla giovane Sophie Marceau de “Il tempo delle mele”. Per ultima è arrivata la Stefi, sorellina minore di Valentina, che osservava il mondo con gli occhi a volte stupiti e a volte disincantati d’una bambina di oggi, con battute a volte tenere e a volte fulminanti, che ricordano la più nota Mafalda, inventata dal disegnatore argentino Quino. La Stefi è addirittura diventata per qualche tempo un personaggio televisivo, grazie a un cartone animato della nostra RAI, che però cattura solo parzialmente lo spirito del personaggio. La Nidasio aveva col tempo sviluppato un modo originale di impostare le vignette all’interno della pagina (caratteristica questa che la accomuna a molti dei grandi del fumetto italiano anni settanta, come Toppi o Crepax) e disegnava con uno stile grafico assolutamente unico, che a me ricorda il segno caricaturale dei vignettisti e pittori di fine ottocento: mi fa pensare alle vignette satiriche di Novello, ma anche a certi disegni di Toulouse – Lautrec. Qualcosa di molto lontano dal modo di disegnare del tipico autore di fumetti americano, francese o belga. Con sorridente ironia, Nidasio aveva la capacità di rappresentare la quotidianità infantile e adolescenziale, accompagnandola lungo il corso dei decenni, senza mai perdere smalto e vigore. Ben pochi sono gli illustratori capaci come lei di rappresentare bambini e ragazzi di ieri e di oggi: Violante e Valentina vivevano storie allegre, umoristiche, ma sempre profondamente calate nella realtà e infatti incontravano il favore non solo delle femmine, ma anche dei maschietti.

Tuttavia, questa autrice ha lavorato anche su personaggi completamente diversi, come la tenera Alibella, una fatina con l’aspetto di una bimba di pochi anni, che indossava un camicino bianco e delle ali di farfalla: a me ha sempre ricordato le fate disegnate da Arthur Rackham per illustrare Peter Pan. Voglio però ricordarla qui per quello che forse è il suo lavoro più riuscito, anche se non altrettanto noto. All’inizio degli anni Sessanta, sul Corriere dei Piccoli, c’era l’usanza di mettere in terza pagina una versione adattata per i ragazzi di grandi classici della letteratura (nei quotidiani, e specialmente nel Corriere della Sera, la terza pagina è per tradizione quella riservata alla cultura). Vennero presentate in questo modo riduzioni dei poemi omerici, dei romanzi picareschi e perfino di opere scespiriane. Nella pagina venivano inserite otto tavole disegnate, con il formato tipico delle cartoline o delle mitiche figurine Liebig. Non erano ammesse però quelle nuvolette per i dialoghi tipiche del fumetto all’americana: una sorta di ritorno alle origini della narrativa popolare. Al posto dei fumetti, ogni disegno aveva sotto una didascalia di sei - otto righe di testo narrativo. Era una battaglia di retroguardia, in un certo senso, ma servì a diffondere tra i ragazzini del tempo un bel po’ di cultura “alta” in modo popolare e divertente, abituandoli all’uso consapevole della bande dessinée, come la definiscono i francesi. La gran parte di quelle riduzioni era opera di un certo Piero Selva, vale a dire lo scrittore pavese Mino Milani sotto pseudonimo. In particolare, Selva / Milani scelse un noto testo di Verne: “Le docteur Ox” e quella volta i disegni furono affidati proprio a Grazia Nidasio. Lei decise di raffigurare il dottor Oss in modo ben diverso da come l’aveva descritto Verne: un tipo alto e sottile, allampanato, dai capelli ricci precocemente imbiancati, con un naso aristocratico e affilato (in effetti sembrava un ritratto dell’Avvocato Gianni Agnelli…) Lo vestì come usava nell’Ottocento: marsina, redingote, pantalone a righe, cappello a cilindro. Il suo assistente Igeno, invece, venne raffigurato come uno scienziato del secolo precedente e assomiglia un po’ ai ritratti di Alessandro Volta: pantaloni alla zuava e calzettoni bianchi, giacca stile impero con colletto altissimo e occhialini con la montatura metallica. Alla fine della storia originale i due erano costretti a fuggire, lasciando nello scompiglio il pacifico villaggio di Quinquendone. Ma i lettori del Corriere dei Piccoli non erano disposti a lasciarli andar via. Chiesero a gran voce dei seguiti e Milani e la Nidasio li accontentarono, trasformando il personaggio da farabutto intrigante in un eroe positivo. Fornirono a Oss e Igeno un servitore tuttofare, di nome Solfuro, vestito come un sanculotto con tanto di berretto frigio, e spedirono i tre in una serie di nuove avventure. Oss si trasformò rapidamente da sperimentatore privo di scrupoli in un genio incompreso, che aveva nozioni scientifiche troppo in anticipo sui suoi tempi ed era capace di rimpicciolire se stesso alle dimensioni di un insetto, oppure di progettare sottomarini, ovviamente simili al Nautilus, e addirittura macchine volanti, come il SuperOssTrielicaGibile. Nel rappresentare i suoi macchinari la Nidasio superò se stessa e li disegnò in modo affascinante, con un gusto retrò che citava consapevolmente le illustrazioni d’epoca ma anche i film di animazione di Karel Zeman, mentre le trame sfruttavano i luoghi comuni delle opere ambientate in quello stesso periodo storico, da “Orizzonte perduto” a “L’Atlantide”, da “Il prigioniero di Zenda” al “Dottor Fu Manchu”, senza scordarsi di film come “La grande corsa” di Blake Edwards. In questo modo, Milani e la Nidasio hanno anticipato l’attuale moda dello steampunk.

Questo termine necessita forse di qualche spiegazione. È stato coniato per giustificare una serie di suoi racconti negli anni Ottanta dallo scrittore americano Paul Di Filippo e miscela, all’interno di una cornice fantascientifica, l’invenzione fantastica e il romanzo gotico, l’orrore e il rapido progresso della scienza. Il tutto viene ambientato in un momento storico preciso, quello in cui la modernità ha avuto inizio: la cosiddetta Belle Epoque. Epoca sì di progresso, di scoperte e invenzioni, a cominciare dalle macchine a vapore (steam in inglese significa appunto vapore), di fermenti culturali, ma anche di grandi guerre, di rivoluzione industriale e di furibonda espansione coloniale. Lo steampunk rimescola tutti questi elementi come in un cocktail, alla luce delle conoscenze e della sensibilità di oggi, per rimetterne in discussione i contenuti, con una sensibilità post-moderna o, per l’appunto, punk. Impossibile citare qui tutti quelli che hanno sfruttato l’argomento. Ricorderò qui solo il fumetto “La lega degli Straordinari gentlemen” di Alan Moore, che però è uscito solo molti anni più tardi. Milani e la Nidasio sono stati assolutamente i pionieri del genere.

Di recente un piccolo editore specializzato in fumetti ha recuperato quelle avventure, riunendole in un solo volume: è un vero peccato che la sua diffusione sia stata molto limitata. E’ un volume celebrativo di grande impatto, con una copertina che imita volutamente quella della classica edizione Hetzel dei romanzi di Verne. Titolo: “Il dottor Oss” di Grazia Nidasio e Mino Milani (2013) – FUMETTO – Edizioni ComicOut [ciclo completo] . Sempre Comic Out ha in catalogo anche alcuni volumetti con tutte le avventure di Valentina Mela Verde. Chissà che un numero sufficiente di richieste da parte dei lettori non possa spingere l’editore a ristampare questi libri. Altri esempi della collaborazione tra Nidasio e Milani si possono trovare nella recentissima biografia di Milani “Com’è bella l’avventura” pubblicata dall’editore Effigie di Pavia. E io credo che il miglior modo di commemorare l’autrice sarebbe proprio quello di acquistare e diffondere le sue opere.

Franco Piccinini

28 Dicembre 2018

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