La poesia di Vivian Lamarque, “un raggio di sole che penetra in una stanza buia”


Conoscevo di nome e di fama la poetessa Vivian Lamarque, ma non avevo mai letto niente di suo. Poi è venuta a Pavia, invitata da una mia amica, Marta Ghezzi, a presentare la sua ultima raccolta di poesie, L’amore da vecchia. L’impatto è stato travolgente: credo di non aver mai assistito alla presentazione di un libro così intensa e divertente - merito di Vivian Lamarque, della sua disponibilità, del suo umorismo, del suo senso dell’ironia e dell’autoironia (mai del sarcasmo), della sua capacità di entrare in sintonia con estranei. Dopo l’incontro ho naturalmente acquistato il libro e l’ho letto più e più volte – venendo confermato nelle mie impressioni: non c’è cesura tra la disponibilità umana della persona Lamarque e lo sguardo della poetessa, che è, per così dire, uno sguardo curioso ed umile. Il titolo di questa raccolta (L’amore da vecchia) mi pare proprio indovinato, perché coglie la chiave fondamentale di queste poesie: l’amore per la vita, anche in un’età che la poetessa non ha paura di dichiarare (anzi, con un vezzo raffinato, si attribuisce più anni di quanti non abbia!). Si ha l’impressione di una persona che abbia acquistato negli anni una profonda saggezza vitale superando, anche grazie alla psicoanalisi junghiana, alcuni traumi infantili che avevano gettato un’ombra sui primi anni di vita: dunque la serenità, che in questa raccolta di poesie appare così spontanea e naturale, è in realtà una conquista - la gioia che nasce dalla cognizione del dolore e della morte, che pure costituisce una sorta di non detto o implicito in tante poesie. (A conferma di ciò mi sembrano molto belle le poesie di ricordo dei cari morti: Dormite sempre sempre?, Sorella decembrina e in particolare quella dedicata al fratello Fabrizio, Avevi sei flauti). Ma la tonalità fondamentale è la capacità di guardare con grazia la vita – anzitutto, la propria vita. La prima poesia, I nomi degli amanti, è teneramente autoironica: ne riporto qualche verso. “Confondere i bei nomi/ degli amanti? Pronunciarli al momento/ giusto con il nome sbagliato?/ Chiedo perdono all’Olmo/ quando lo chiamo Faggio/ e al Frassino quando lo chiamo/ Acacia, quanto si offese il Carpino/ quando non lo riconobbi/ a voltarsi di là umiliato l’aiutò il vento./ Mi perdoni il Larice che l’ho chiamato Abete/ e l’Abete che l’ho chiamato/ Pino, alle conifere tutte chiedo scusa/ ….” Molto mi piacciono, nella sezione Gli animali addormentati, Le case degli uccelli, e due deliziose poesie che segnalo qui, per dare un’idea di quanto questa grande poetessa sia maestra nell’arte della leggerezza: Pesciolini la seguono e L’autogrill delle farfalle, che è così incantevole e incantata che non riesco a non trascriverla.

 

L’autogrill delle farfalle

 

E’ meta di gruppi turistici di farfalle bianche

il suo balcone a sud, è il loro autogrill

segnalato a metà strada dell’asse

Arco della Pace/Cimitero Maggiore.

Balcone al secondo piano, varietà

di fiori e tutt’intorno platani in folto filare.

Concede loro pochi minuti la capogita, poi

le ristorate farfalle proseguono il volo.

Solo un’indisciplinata si attarda, mi guarda

a quanto di vita avrà ancora diritto?

A che punto sarà del suo piccolo cammino?

 

Questo amore per la vita è polivalente: riguarda, come dice la poesia in epigrafe, gli animali, i fiori, la figlia e i nipoti, i treni e il tempo, il cinematografo, la poesia, gli amati di un tempo (e due o tre attuali che non lo sanno), e naturalmente se stessa. Ma questo amore è effusivo di sé, trabocca fuori e ritorna dentro, come mostra L’intrepido ciclamino.

 

Portato dentro, riparato, al tepore

della stanza si è ripreso e poi un bel giorno

le ha fatto un puntino di foglia

l’intrepido ciclamino.

Qualche goccia d’acqua nel piattino, la bianca

luce del sole invernale, più quella celestina della tv

serale, e un altro giorno le ha fatto persino un piccolo

fiore di quel suo delicato colore.

E tutto questo proprio mentre lei aveva deciso

di chiudersi a chiave, cerotto sulla bocca

e sul pennino, lei meno coraggiosa di un ciclamino.

 

Oppure la splendida poesia Sulla 90 i continenti: una poesia, premette l’autrice, “scritta sulla 90 [un filobus di Milano] una sera verso le nove, tutte le teste intorno a me ciondolavano”. Io la renderei obbligatoria per tutti coloro che vogliono occuparsi di politica (ti interessi di politica? E allora recitami Sulla 90 i continenti). Scherzo naturalmente: ma voglio indicare con questa battuta la luminosità interna con cui Vivian Lamarque guarda il mondo, e in particolare le persone - una grazia che si riverbera su tutti coloro che la leggono e ne finiscono affascinati. Il grande critico letterario Viktor Šklovskij (cito dal bel libro di Paolo Nori, Vi avverto che vivo per l’ultima volta. Noi e Anna Achmatova, p. 171) “ricorda che nel taccuino di Čechov si trova la storia di uno che fa, tutti i giorni, per anni, la stessa strada, e legge, tutti i giorni, un’insegna con la scritta «Grande scelta di zingari», e si chiede, tutti i giorni, «Ma chi può aver bisogno di una grande scelta di zingari?». Quando, un giorno, l’insegna viene tolta e appoggiata al muro, quello finalmente legge: «Grande scelta di sigari».

Il poeta, secondo Šklovskij, è quello che sposta le insegne, è quello che muove la rivolta delle cose.

Ed è quello che vince l’abitudine, che forza il proprio sguardo a guardare il mondo come se lo vedesse per la prima volta; secondo Šklovskij, le poesie dell’Achmatova sono un raggio di sole che penetra in una stanza buia, la stanza nella quale ci troviamo un po’ tutti, con il nostro sguardo distratto, di persone convinte di conoscerle, le proprie stanze, le proprie cucine, le strade che percorrono per andare a lavorare, convinte di non aver niente da imparare, nella propria casa, nella propria città, nel proprio mondo.” Così è anche la poesia di Vivian Lamarque: “un raggio di sole che penetra in una stanza buia”.

wm

 


 

[Vivian LAMARQUE, L'amore da vecchia, Mondadori, Milano, 2022, pp. 160, euro 18]

 


 

Walter Minella - l'autore di questa recensione - ha diretto la rivista "Ulisse" e attualmente è il curatore della rubrica di recensioni della Biblioteca Bonetta di Pavia.

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