Nohimayu / L’incontro. Gli Yanomami dell’Amazzonia e il mondo degli altri.


Il libro Nohimayu / L'incontro. Amazzonia: gli Yanomami e il mondo degli altri. Storia della missione Catrimani, pubblicato nell’ottobre scorso nella collana EMI “Vita di missione” dal missionario e antropologo Corrado Dalmonego e dal giornalista Paolo Moiola (con contribuiti testuali e fotografici di quindici altri autori fra i quali antropologhe e antropologi, due vescovi impegnati in Amazzonia a fianco dei popoli indigeni, fotografe e fotografi, missionari laici e religiosi) è opera che, per ricchezza e interesse dei contenuti, supera anche le aspettative suscitate nel lettore dal titolo e dalla bella immagine di copertina.

La situazione dell’Amazzonia e delle sue popolazioni indigene è da tempo oggetto di attenzione e preoccupazione, in Italia come a livello internazionale. Risale alla fine degli anni Ottanta - quando era ancora poco noto il tragico impatto della deforestazione sugli equilibri del pianeta - un primo appello a difesa della foresta amazzonica lanciato da WWF Italia. Nei decenni successivi è stato percepito sempre più chiaramente il nesso fra distruzione dell’ambiente naturale, aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera e riscaldamento globale, violazione dei diritti delle popolazioni indigene. Dall’inizio del nuovo secolo si sono sviluppate (e hanno trovato sempre maggiore eco anche sugli organi di informazione) iniziative - promosse da organizzazioni non governative, scienziati e ricercatori, istituzioni internazionali - volte a contrastare la deforestazione e a difendere i diritti, la cultura e la vita degli abitanti della foresta amazzonica (1). Del febbraio di quest’anno è Querida Amazonia (2), l’Esortazione apostolica postsinodale di Papa Francesco, della quale basterebbe qui ricordare anche solo i titoli di alcuni paragrafi: “Culture minacciate, popoli a rischio” (39-40), “Il grido dell’Amazzonia” (47-52). Nel maggio 2020, di fronte al grave pericolo che la pandemia di Covid-19 rappresenta per la sopravvivenza delle popolazioni indigene dell'Amazzonia, il grande fotografo brasiliano Sebastião Salgado e sua moglie Lélia hanno lanciato un appello urgente (che ha già raccolto centinaia di migliaia di firme) ai vertici dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario del Brasile perché intraprendano “uma ação imediata para proteger essa frágil população do risco do coronavírus transportado por invasores de suas terras”(3).

La distruzione di vaste aree forestali indotta da maggiori e minori interessi economici predatòri - quali commercio di legname, monocultura agricola estensiva di soia “in risposta alla crescente domanda internazionale” (Nohimayu p. 312), allevamento intensivo di bovini, sconfinamento di cercatori d’oro in territori che risulterebbero ufficialmente protetti – costituisce una minaccia non solo per gli equilibri climatici e ambientali e per la biodiversità (pp. 294-295), ma sempre più anche per l’esistenza stessa di quelle popolazioni indigene dell’Amazzonia le cui culture e forme di vita si sono strutturate da millenni in sintonia con gli ecosistemi tradizionali.

Il libro Nohimayu / L'incontro offre su questi temi importanti stimoli di riflessione e un ricco materiale di documentazione a partire dall’esperienza pluridecennale di una missione fondata nel 1965 nell’Amazzonia brasiliana presso il fiume Catrimani, nel territorio degli Yanomami, una popolazione di circa 33.000 nativi amazzonici “organizzati in 321 comunità”, che vivono “in un’area di foresta tropicale a ovest del massiccio delle Guiane, sui due lati della frontiera tra Brasile e Venezuela [...] di circa 192.000 Km2 (pari a quasi i 2/3 dell’Italia)” e all’interno della cui sostanziale unità culturale si possono distinguere varie specificità e identificare una molteplicità di idiomi appartenenti alla stessa famiglia linguistica (pp. 289-290). “La fondazione della Missione Catrimani (1965) presso le comunità di indigeni yanomami rappresentò, da un certo punto di vista, una continuità nel lavoro dei missionari della Consolata [...]: un impegno missionario ereditato dai religiosi che li avevano preceduti in quel territorio. Da un altro punto di vista la fondazione rappresentò un gesto di rottura, dovuto al convincimento di un piccolo gruppo di missionari [...] che tentarono di sostituire la pratica della desobriga (visita sporadica per l’istruzione catechetica e l’amministrazione dei sacramenti) con un nuovo metodo missionario che concretizzava la scelta preferenziale degli indigeni e prevedeva la presenza stabile presso le loro comunità” nella prospettiva di “dimenticare gli atteggiamenti etnocentrici e discriminatori e impegnarsi per il rispetto della diversità e la difesa dei territori indigeni” (p. 103).

Come scrive - nel capitolo “Gli Yanomami, i missionari e il mondo accademico” - l’antropologa Francesca Bigoni (curatore del Museo di Antropologia e Etnologia del Sistema Museale dell’Ateneo di Firenze alle cui attività il coautore di Nohimayu Corrado Dalmonego contribuisce dal 2010 “grazie ad un progetto di antropologia collaborativa”, mentre è vero in generale che “le missioni sono sempre state un avamposto del contatto tra non indigeni e nativi” e “il ruolo dei missionari, fra i primi a incontrare gli Yanomami [...] è stato molto influente non solo per la disponibilità ad ospitare antropologi e studiosi [...] ma anche per l’autonoma raccolta di informazioni e la produzione di scritti”, l’esperienza della Missione Catrimani ha un sua specificità e un particolare rilievo dal punto di vista antropologico. Essa infatti si colloca “nel contesto di una visione antropologica incentrata su concetti di relazione e condivisione e nello sviluppo di una prospettiva di collaborazione non egemonica e non etnocentrica” (p. 209). “Lo scopo della missione non mirava a un progetto di civilizzazione o alla scolarizzazione formale delle varie culture indigene, perché al riguardo era ben presente la coscienza che essa avrebbe contenuto forti tendenze neocolonizzatrici. Riguardo alla conversione nel senso stretto del termine, mai fu direttamente perseguita né si è concretizzata fino ad oggi (4) [...]. L’attività prioritaria è quindi stata sempre quella di sostenere le comunità circostanti, difendendone la sopravvivenza fisica e culturale e condividendone i periodi critici di epidemie e invasione territoriale da parte di altri Bianchi” (pp. 215-216).

Per dare un’idea della ricchezza del libro e dell’importanza culturale e sociale dell’esperienza - che ne è al centro - di rapporto della Missione Catrimani con gli Yanomami, può essere utile presentare rapidamente la struttura del volume, seguendone la successione dei capitoli. I due curatori Corrado Dalmonego e Paolo Moiola (direttamente autori anche della maggior parte dei contributi: dieci ciascuno), nella premessa a firma congiunta sottolineano la grande socio-biodiversità che caratterizza la realtà amazzonica, escludono la pretesa di dare una visione esauriente “di un mondo affascinante, contraddistinto da una complessità tanto grande quanto fragile”, dichiarano l’intenzione “di ricostruire la storia di alcune comunità indigene del popolo Yanomami e di un gruppo di missionari e missionarie che hanno tentato – sovente con successo – di farsi amici (nohimayu) percorrendo strade diverse dal consueto” ed esplicitano l’ambizione di “aiutare i lettori a comprendere, prendere coscienza e magari agire di conseguenza” in un periodo storico che proprio per le tematiche trattate nel libro si presenta “particolarmente denso di avvenimenti e di incognite” (pp. 7-8).

Segue una prefazione al volume significamente sottotitolata Togliti i sandali (ovvero chi calpesta l’Amazzonia)”, in cui il vicario apostolico Joaquín Humberto Pinzón Güiza sottolinea - con riferimento anche alla “necessità di convertirsi a un’ecologia integrale” di cui parla papa Francesco - che “la questione di uno sviluppo sostenibile e compatibile con l’ambiente è vitale quando si pensa al territorio amazzonico” (p. 11).

Il volume è diviso in quattro parti.

Nella prima - “Amazzonia, Amazzonie” (pp. 23-48) - i due curatori (“con occhi di laico” Paolo Moiola e “con occhi di missionario” Corrado Dalmonego) mettono a fuoco i problemi generali del territorio, del delirio distruttivo che “sta uccidendo l’ecosistema amazzonico” e in cui “sono travolti anche i popoli indigeni, suoi abitanti originari” (p. 23), del significato – “in dialogo con la cosmovisione e la teologia indigena” - di quel “proteggere la foresta” che non è “soltanto garantire lo spazio fisico imprescindibile per l’esistenza biologica, ma anche preservare le condizioni per la vita sociale (relazioni, cerimonie, scambi, ecc.) e culturale (lingue, conoscenze, pratiche, rituali, ecc.), così come una rete di riferimenti spirituali intessuta fra i divesi livelli del mondo, tra i quali esistono scambi e comunicazioni” (p. 43).

La seconda parte - “L’Amazzonia e gli Yanomami” (pp. 51-99) - è organizzata in quattro capitoli i cui diversi autori (l’antropologo e missionario laico Luis Ventura Fernández, la giornalista impegnata nel movimento globale per i diritti dei popoli indigeni Fiona Watson, l’arcivescovo brasiliano Roque Paloschi presidente del Cimi - Consiglio indigenista missionario, il giornalista curatore del volume Paolo Moiola) trattano temi quali “lo Stato brasiliano e i popoli indigeni: condizioni storiche di un non-incontro”, “missionari cattolici e missionari evangelici fondamentalisti”, “Bolsonaro e gli altri: militarizzazione, esproprio, integrazione forzata”, “la bellezza della pluralità”, ”l’estrattivismo, una piaga dilagante”, “la Red Eclesial Panamazónica - Repam e la Laudato si’”.

La terza e più ampia parte del volume - “Gli Yanomami e la Missione Catrimani” (pp. 103-253) – (quattordici capitoli di otto diversi autori in ciascuno dei quali “la lettrice e il lettore troveranno, grazie alla ripetizione dei concetti e delle informazioni essenziali, gli elementi utili a una migliore comprensione del testo”) riguarda “nascita della Missione Catrimani”, “gli Yanomami e i missionari”, “gli Yanomami e le missionarie”, “gli Yanomami e gli altri: incontro con Davi Kopenawa” (5), “gli Yanomami, i missionari e il mondo accademico”, “gli Yanomami e la fotografia”. Segue la postfazione di Stefano Camerlengo, Superiore generale dei missionari della Consolata, “Fare memoria, pensare il futuro (anche da un piccolo angolo di mondo)”.

Una quarta parte del volume - “Strumenti” - offre utilissimi materiali di consultazione e approfondimento, fra cui:

  • un glossario essenziale diviso in due sezioni: “parole dell’ambiente e del mondo amazzonico” (52 voci tra le quali “biodiversità”, “cosmovisione indigena”, “deforestazione”, “diversità culturale”, “etnocidio-genocidio”, “inquinamento da mercurio”, “negazionisti climatici”, “riscaldamento globale”) e “parole del mondo yanomami” (26 voci tra le quali “garimpeiros”, “nohimayu o nohimayou”, “osteofagia - rituale osteofagico”, “yanomae”);
  • una cronologia essenziale (dal sec. XVII all’agosto del 2019): “Ieri e oggi: le date della storia”;
  • tredici agili e accurate schede “Chi ha scritto. Curatori e collaboratori”;
  • indicazioni bibliografiche, video reperibili online, sitografia.

Il volume è arricchito da un ricco apparato illustrativo fuori testo:

  • due cartine della Panamazzonia e del Territorio Yanomami in Brasile e in Venezuela;
  • diciannove fotografie raccolte nella sezione “Storia e ambiente”;
  • sette fotografie della sezione “Gli Yanomami secondo Carlo Zacquini” (all’esperienza di fratel Carlo Zacquini, tra i fondatori della Missione Catrimani, è dedicato - nella Parte III - uno dei capitoli su “gli Yanomami e i missionari”);
  • otto - veramente splendide! - fotografie della sezione “I corpi di Claudia Andujar” (alla pittrice, fotografa, ricercatrice, attivista a livello internazionale per la causa yanomami Claudia Andujar, fondatrice nel 1978 della “Commissione per la creazione del Parco Yanomami”, ancora attiva oggi all’età di quasi novanta anni, è dedicato - sempre nella Parte III – il commosso capitolo “La fotografa che divenne attivista”).

Il libro è disponibile anche in versione e-book; una rassegna stampa di recensioni e interviste agli autori è sul sito Internet della casa editrice EMI.


1- Tra quelle degli ultimi anni possiamo qui ricordare, per esempio, gli appelli della sezione italiana di Amnesty International “Proteggi le popolazioni native dell’Amazzonia. Difendi la foresta pluviale dagli incendi e dal disboscamento indiscriminato” e quello - ora in corso per garantire giustizia e protezione alle donne dell’Amazzonia che difendono la natura e i diritti umani - “Salomé rischia ogni giorno la vita. Minacciata perché difende la foresta dell'Amazzonia dalle mire delle imprese petrolifere”, la lettera aperta “Make EU trade with Brazil sustainable” pubblicata il 26 aprile 2019 sulla rivista “Science” da oltre seicento scienziati di università e centri di ricerca europei, l’azione avviata dalla Commissione Europea nel dicembre 2018 “Deforestation and forest degradation – stepping up EU action

2- testo integrale sul sito della Santa Sede

3- testo dell'appello

4- “Non abbiamo mai battezzato uno Yanomami, perché eravamo convinti che non avesse senso battezzare la persona fuori della cominità e che è la cultura che deve essere evangelizzata: l’uomo ha diritto alla sua cultura e deve trovare in essa la forma per esprimersi in modo cristiano” scriveva padre Silvano Sabatini, uno dei primi missionari della Missione Catrimani (p. 166)

5- Davi Kopenawa Yanomami, sciamano e leader degli Yanomami dell'Amazzonia brasiliana, è anche autore del libro autobiografico «La caduta del cielo», scritto con l'antropologo Bruce Albert: attraverso un sito Internet segnalato nella sezione “video reperibili online” di Nohimayu / L'incontro, se ne può seguire la conferenza di presentazione tenuta all'Università di Torino (4 settembre 2018)


a.m.

[Corrado Dalmonego, Paolo Moiola, Nohimayu / L'incontro. Amazzonia: gli Yanomami e il mondo degli altri. Storia della missione Catrimani, EMI - Editrice Missionaria Italiana, Verona 2019, pp. 365, euro 22]


Alberto Moreni, laureato in filosofia a Pavia, è stato insegnante e preside in varie scuole della Lombardia e vive ora a Firenze, dove ha lavorato presso la Biblioteca di Documentazione Pedagogica, l’Istituto Regionale di Ricerca Educativa e l’Ufficio Scolastico Regionale.

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