Laura Pariani, ‘Domani è un altro giorno’ disse Rossella O’Hara

Laura Pariani, ‘Domani è un altro giorno’ disse Rossella O’Hara

“Più leggo Laura Pariani più mi convinco che sia una degli scrittori italiani più importanti di questi ultimi decenni. Dico ‘scrittori’ e non ‘scrittrici’, perché altrimenti limiterei l’affermazione all’ambito femminile, cosa che non intendo fare”.

Concordo pienamente con questa affermazione di Roberto Carnero (Il Sole 24 ore, 17 luglio 2017). Aggiungo soltanto che questo giudizio era condiviso dai miei amici e da me sin dall’inizio degli anni ’90, quando pubblicammo su Ulisse, una rivista che allora stampavamo a Pavia, gran parte dei racconti poi confluiti nel primo geniale libro di Laura, Di corno o d’oro (Sellerio).

Da allora ogni nuovo testo dell’autrice è per noi una scoperta e una festa, fino a quest’ultimo, ‘Domani è un altro giorno’ disse Rossella O’Hara: un romanzo, certo, in cui la Pariani dispiega le finezze del suo stile irripetibile, ma anche la ricostruzione del clima in senso lato culturale in cui cresce la protagonista, la Bambina (insieme a Bis, il suo doppio, la sorella gemella che nessuno vede) in un paese dell’alto milanese negli anni Cinquanta. Il titolo già allude a uno degli elementi della cultura di massa che filtravano nel paese e che venivano avidamente assorbiti e rielaborati dalla Bambina nel suo sforzo di comprendere il mondo e di trovare un varco da cui fuggire alle contraddizioni e alle chiusure che avvertiva. Perché questa piccola protagonista è una tipa sveglia e tosta: e noi seguiamo con curiosità, divertimento e tenerezza le costruzioni intellettuali attraverso cui cerca di dare un senso ai diversi stimoli che le pervengono: i film d’amore e d’avventura, ma anche Stanlio e Ollio, i telefilm (Rin tin tin!), i romanzi per ragazzi, Grand Hotel, le canzonette (Fred Buscaglione, Adriano Celentano), da una parte, e dall’altra le prediche grette del parroco o i racconti assurdi di suor Giacinta, la Nonna custode della tradizione, le Zie e le Bis-Zie (in particolare Zia Giovane, amica e maestra), la mamma rigida (Madre-Geova), il papà assente, i maschi coetanei, chiamati nani o tarati (l’unica eccezione è l’amico Agnusdèi, peraltro picchiato selvaggiamente dal padre violento e ubriacone, il Grand’Infame), le canzoni popolari, le ragazze grandi con i loro segreti e i loro problemi (allora avere un figlio al di fuori della famiglia era una tragedia e una vergogna indicibile)… Ironicamente (ma con un fondo di serietà), i diversi capitoli del romanzo sono intitolati ‘lezioni’ (lezione di equitazione, di sociologia classica, di genetica, di logica ecc). – ed è straordinaria la dialettica tra questo titolo serioso e i gustosi racconti sottostanti.

Ci troviamo di fronte a una sovrapposizione di piani, che vengono costantemente e implicitamente intrecciati e richiamati: l’autrice colta e moderna descrive con straordinaria finezza la visione del mondo che via via elabora una bambina intelligente, curiosa e giustamente ribelle, in un contesto culturale e sociale limitato e soffocante (in particolare per le donne), che dava per scontato di essere naturale ed eterno e che invece era destinato a tramontare molto rapidamente. Insomma a me pare che questo romanzo, con tutto il suo carattere di invenzione (particolarmente esplicito nella conclusione), sia anche una sorta di autobiografia fantastica dell’infanzia, inserita nel contesto di una valutazione severa di un certo mondo di ieri, tra il contadino e l’operaio (“il Paese della Noia”), di una Lombardia profonda in cui, nonostante tutto, l’autrice è profondamente radicata (si veda la sua lingua originale e screziata di lombardismi). Insomma, la Pariani si colloca al polo opposto rispetto a un autore, che pure suppongo ami, come Pasolini, con il suo vagheggiamento di una civiltà contadina fondamentalmente sana e antichissima distrutta dall’industrializzazione e da una colata lavica piccolo-borghese.

Mi sia consentita una nota a margine personale: io ho conosciuto bene i tempi e i luoghi in cui è ambientato il romanzo di Laura (passavo tutte le estati a casa dei miei nonni nella campagna vicino al Lago Maggiore) e ho quindi alcuni elementi d’esperienza per giudicare le due opposte interpretazioni. Riconosco che Laura Pariani descrive con straordinaria finezza e profondità le durezze della vita di allora, di cui io avevo e ho ancora un’immagine sfocata e povera, tuttavia non ritrovo, se non parzialmente, nel libro di Laura certe modalità di convivenza tra l’amichevole e il parentale e certe forme arcaiche di cultura popolare, che nel loro senso profondo costituivano una ricchezza nascosta del mondo di allora.

Ma questo è un dettaglio: la sostanza è che questo romanzo è uno splendido libro di narrativa e anche, nascostamente, una sorta di ricerca antropologica, sorretta da una straordinaria finezza percettiva e da uno stile capace di rendere tutte le sfumature dell’animo dei personaggi, guardati con gli occhi (“il sinistro di un azzurro opalescente, il destro color nocciola”) della protagonista, l’indimenticabile Bambina.

w.m.

[Laura Pariani, ‘Domani è un altro giorno’ disse Rossella O’Hara, Einaudi, Torino, 2017]


Laura Pariani presenterà il suo libro il 20 ottobre 2017 alle ore 18.00 alla Libreria Il Delfino di Pavia. Introdurrà Walter Minella.
 


Walter Minella - l'autore di questa recensione - ha insegnato storia e filosofia nei Licei. Tra le sue pubblicazioni: Il dibattito sul dispotismo orientale. Cina, Russia e società arcaiche (1991). Ha tradotto il breve saggio di Varlam Tichonovič Šalamov, il grande testimone dei Gulag, Tavola di moltiplicazione per giovani poeti (2012), ha curato la pubblicazione del libro postumo di Pietro Prini, Ventisei secoli nel mondo dei filosofi (2015) e ha scritto la monografia Pietro Prini (2016).

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