Dario Ferrari, La ricreazione è finita, Sellerio, 2023.
Il secondo romanzo di Dario Ferrari, classe 1982, La ricreazione è finita, molto recensito, chiacchieratissimo, ha ottenuto anche buone vendite. Perché? vien da chiedersi. Leggendolo si scopre una narrazione corposa che intreccia due storie, due generazioni e tre ambienti. La vicenda si apre ai giorni nostri con la storia di un vitellone di provincia, Marcello, che impiega dieci anni a laurearsi in lettere e casualmente finisce per vincere una borsa di dottorato. Da qui un impietoso e sarcastico ritratto di certe baronie universitarie che trattano il bene pubblico come un feudo privato e vivono in lotta fra di loro. Grottesco e assolutamente reale. Allaspirante dottore il barone di turno affida lincarico di studiare lopera letteraria di un suo concittadino di Viareggio, tale Tito Sella, che a prima indagine risulta noto solo come terrorista negli anni Settanta: infatti i suoi romanzi provengono da un ventennio di detenzione durante la quale li ha scritti e in carcere è morto. Il neo-studioso si appassiona alle lontane vicende del viareggino e ne fa una descrizione che occupa metà del romanzo: Marcello si identifica in Tito Sella che pure lui non era un altro che un vitellone di provincia finito nel terrorismo più per goliardia che per solide convinzioni politiche, finché il gioco non lo ha travolto. Ferrari ci offre un quadro del terrorismo di sinistra non nascostamente apologetico come spesso accade: non si trattava della meglio gioventù, ma di illusi senza arte né parte che per cambiare il mondo hanno lasciato una scia di sangue inutilmente versato.
Un romanzo complesso e stratificato in cui emergono più generi: dal romanzo universitario, a quello di formazione, al romanzo nel romanzo (la storia del terrorista) e in ultimo una vaga venatura di noir che si palesa inaspettatamente nel finale.
Ermanno Cavazzoni, Il gran bugiardo, la Nave di Teseo, 2023.
Cavazzoni, classe 1947, dal suo romanzo Il poema dei lunatici, pubblicato nel 1987, Fellini trasse la sceneggiatura del suo ultimo film La voce della luna. Oggi, a settantasei anni compiuti ci regala il romanzo più divertente uscito in questi mesi.
Lui stesso, in unintervista ce lo presenta in questo modo: È il caso di un bugiardo che si può definire patologico, che mente per far breccia nelle ragazze, o mettersi in buona luce con le persone; ma con bugie gigantesche, insostenibili, che gli escono come se lui stesso ne fosse vittima, al prezzo di gravi angosce e laccavallarsi inestricabile delle vicende. Arriva a dire di essere medico ed esercitare; barbone e direttore dorchestra, dovendo poi dirigere senza saper nulla di direzione e di musica. Vittima di se stesso, rapidamente le bugie si accumulano, si gonfiano, pesano in un crescendo sempre più prossimo al precipizio e alla catastrofe.
Cui si aggiunge la tendenza anche degli altri a mentire. Come finisce? Non ve lo dico.
Dico solo che tutti mentiamo continuamente, anche senza badarci, anche solo per far bella figura, sulle nostre capacità, sulle competenze, sui nostri trascorsi: questa è la storia di un caso estremo, raro, esemplare, ispirato ad un fatto accaduto. Ogni tanto potrebbe anche divertire e far ridere; oltre che meditare sulle più tipiche fatali propensioni dellumanità.
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Luigi Dell'Orbo, nato nel 1962 in provincia di Pavia, vive da decenni in Piemonte, tenendo comunque vive le proprie radici lombarde.
Lettore appassionato e puntuale si occupa prevalentemente di narrativa italiana contemporanea.