Massimo Recalcati, Contro il sacrificio

Massimo Recalcati, Contro il sacrificio

Massimo Recalcati è uno psicoanalista lacaniano dotato di una profonda cultura filosofica. Autore di parecchi libri che hanno suscitato un grande interesse nell’opinione pubblica italiana, è conosciuto e apprezzato anche per i suoi interventi giornalistici (a differenza del suo maestro Lacan, possiede una notevole capacità di tradurre in termini accessibili al lettore di media cultura una trama concettuale complessa). Cercherò di riassumere per punti quella di questo libro.

1. Il presupposto di tutta l’evoluzione psicologica umana è quel processo che Recalcati chiama “il sacrificio simbolico”, cioè la rinuncia necessaria alla beatitudine dell’Eden primordiale: questa rinuncia costituisce “come un biglietto di entrata nella comunità umana” (p. 20). Si tratta di un trauma originario (“castrazione simbolica”), di cui parlano innumerevoli miti, nelle più diverse culture. Esso ha dei costi psicologici alti, perché la vita dell’uomo si distacca dalla semplicità istintiva della vita dell’animale (“la vita umana è condannata … a essere costantemente a distanza e divisa da se stessa”) (p 20), ma insieme assicura i benefici dell’umanizzazione: lo sviluppo della coscienza, l’introiezione dell’ordine della civiltà o della lingua, l’ingresso nella storia.

2. Solo il folle o il pervertito cerca disperatamente di negare questa esperienza originaria, da cui deriva la Legge, – qualunque cosa poi essa significhi, nel concreto delle varie civiltà umane.

3. Da questo “sacrificio simbolico” originario va nettamente distinto quello che Recalcati chiama “il fantasma sacrificale”, che è una forma di repressione aggiuntiva, di gabbia di ferro mentale, che connota la psicologia del nevrotico. Recalcati parte dalla sua pratica analitica: molti pazienti, osserva, sono tormentati da un Super-io, da un’istanza morale - ma si direbbe meglio moralistica - crudele, dispotica, completamente avversa alla realizzazione delle possibilità vitali della persona. Questo è lo ‘spirito del sacrificio’, che spesso, osserva Recalcati, viene confuso con il messaggio cristiano. “La differenza tra il sacrificio simbolico e il fantasma sacrificale consiste nel fatto che mentre nel primo una quota pulsionale viene “sacrificata” dal soggetto in cambio della sua inclusione nella comunità umana, nella logica del fantasma sacrificale il sacrificio diventa una meta paradossale della pulsione: non mi sacrifico in vista di un fine perché il sacrificio è in se stesso un fine” (p.42). Questa “passione autosacrificale” (p. 43) è propria del “masochismo” (Freud) dell’“uomo cammello” (Nietzsche), cioè di colui che si fa carico di tutti i doveri del mondo e stramazza sotto il peso di questo carico. Ma c’è un’utilità psicologica nascosta in questo atteggiamento: “questo odio per se stesso appare animato da una vocazione narcisistica estrema: differenziarsi dagli altri esseri umani; essere più vicini a Dio di tutti i propri fratelli; utilizzare il proprio sacrificio per ottenere un beneficio individuale superiore. Si tratta … di una vera e propria economia che ha come presupposto l’idea che il sacrificio renda possibile un risarcimento definitivo”(p. 46), la vita nel mondo dell’al di là, da conquistare a scapito della vita terrena, insidiata dal peccato e dominata dal timore della dannazione eterna.

4. Una reazione apparentemente opposta, rispetto all’eccedenza sadica della Legge nei confronti dell’individuo, in questo libro viene soltanto citata mentre viene approfondita in altri testi dell’autore. Si tratta della tendenza psicologica prevalente nel nostro tempo, che accoglie gli impulsi provenienti dell’economia tardo-capitalistica. Esso “sembra aver voltato le spalle al culto ascetico-religioso del sacrificio. Esso sospinge piuttosto verso il godimento illimitato che rigetta ogni sacrificio. Eppure, a guardare bene, questa nuova Legge libertina del godimento per il godimento condivide con la vecchia morale del sacrificio l’ideale di una Legge che sovrasta il soggetto cancellando la sua singolarità. Nella lingua della psicoanalisi questa Legge, al tempo stesso libertina (Godi!) e sacrificale (Devi!), è identificata con il Super-io. Per Freud, infatti, il Super-io è l’incarnazione di una Legge inflessibile e fustigatrice che vorrebbe sanzionare la vita giudicata come colpevole. Ma per Lacan l’altro lato di questa Legge è costituito proprio dalla passione libertina che elegge il godimento a unica forma possibile della Legge” (p.12).

5. Tornando alla variante psicologica opposta, caratterizzata da quello che Recalcati chiama il “fantasma sacrificale”, è evidente che tale fantasma risulta potenziato dalla ideologia religiosa della colpa e del peccato, che nella storia del Cristianesimo è stata molto forte. Si veda, tra i tantissimi esempi possibili, questa dichiarazione di uno dei maggiori teologi morali cattolici del Novecento, padre Bernhard Häring, che traggo dal bel libro di un prete della diocesi di Lodi, don Ferdinando Sudati, Le chiavi del paradiso e dell’inferno: «Prima del Concilio la formazione cristiana media (starei per dire “normale”) spesso insisteva sul senso del peccato in modo improprio … causando spesso (ed era il mio caso) complessi di colpa, terrori e disagio psicologico. La presentazione dell’ideale cristiano risultava sfigurata in senso “penitenziale”, tormentato e “piangente”» (p. 177). Secondo Nietzsche e Freud, il Cristianesimo sarebbe in linea di principio riconducibile a questa dinamica psicologica della colpa, del peccato e della redenzione in una vita futura. Recalcati non è di questo parere: si tratta, a suo parere, di una deformazione del messaggio cristiano, non della sua essenza profonda.

6. Nell’interpretazione di Recalcati, Lacan è colui che ha distinto nel modo più netto e approfondito la Legge originaria, la “Legge della parola che introduce il figlio sulla scena del mondo”(92), dal Super-io malato che “rappresenta una sorta di delirio, di aberrazione, di versione terroristica della Legge” (73). Centrale in questa operazione è il recupero del senso profondo e originario del desiderio. “Avete agito conformemente al desiderio che vi abita?”(p. 111-112): questa è secondo Lacan la domanda centrale dell’etica. Ma qui desiderio non equivale a voglia momentanea, significa desiderio profondo e dunque è sinonimo di vocazione: «una “tendenza”, una “inclinazione”, una “prospettiva”, una “propria via”, come dichiara lo stesso Lacan, che non bisogna tradire, alla quale è necessario restare fedeli, pena il pagamento di questo “tradimento” attraverso il ritorno del rimosso: il sintomo, la depressione, lo spegnimento della vita e del desiderio stesso» (p. 113). E’ necessario “trasformare l’imperativo del Super-io nell’imperativo del desiderio. Significa che il desiderio non è più un’alternativa al dovere – come il neolibertinismo del nostro tempo sembra credere -, perché il dovere diventa la forma stessa del desiderio” (p. 115).

7. Da qui deriva il recupero, da parte di Recalcati, di una variante di Cristianesimo: «se seguo quella linea minoritaria del Cristianesimo che dalla parola di Gesù giunge sino alla psicoanalisi ripensata da Lacan, dovrei affermare che Bene è quando il campo della vita si allarga, Male quando si restringe, Bene quando diventa generativo, Male quando resta sterile, Bene quando sa ospitare la donazione, Male quando la rigetta e l’osserva risentita, Bene quando il desiderio è vivo, Male quando è morto e invidia nell’impotenza quello vivo» (p. 16). «Il ‘sacrificio’ di Gesù non si compie in vista di altri fini, ma come risposta soggettiva a quella Legge che egli stesso enuncia nel celebre discorso della Montagna: la Legge dell’amore come nuova forma della Legge, come movimento che si apre radicalmente verso l’Altro, come donazione senza risparmio di se stessi». (p. 142).

8. Molte cose si potrebbero dire su questo testo. Mi limito solo a due osservazioni, una di dettaglio e una più sostanziale. La prima è che, nell’elenco dei sostenitori di una visione non penitenziale o sacrificale del Cristianesimo (p. 60) figurerebbe bene il filosofo italiano Pietro Prini, per i motivi che Enzo Bianchi e Giannino Piana hanno chiarito nella loro prefazione e postfazione alla nuova edizione dello “Scisma sommerso”. L’altra, più di sostanza, parte da un dato di carattere filologico. Desiderio in greco (la lingua dei Vangeli) si dice epithymía. Ora, nel leggere le lettere degli apostoli, il termine compare quasi sempre in un’accezione negativa, come desiderio carnale contrario allo spirito. Due soli esempi: nella Lettera ai Romani, 7,7, Paolo dice “non avrei conosciuto il desiderio (tén te epithymían) se la legge non dicesse “Non desiderare” [la traduzione della Cei, contraddittoriamente, rende qui il sostantivo epithymía con ‘concupiscenza’ mentre il verbo che ha la stessa radice, epithyméō, desidero, è lasciato nel suo significato proprio e quindi reso con ‘non desiderare’]. E, sempre nella stessa lettera, 6, 12: “Non regni dunque il peccato nel vostro corpo mortale, così da obbedire ai suoi desideri (epithymíais)” [evidentemente il termine ‘desiderio’ non piace ai traduttori della Cei: qui è reso con ‘impulsi’]. Manca quasi totalmente una concezione più ampia, liberante di desiderio. Forse questo potrebbe indicare che la riduzione ascetico-mortificante del Cristianesimo è di origine assai lontana? Resta il fatto che il desiderio di cui parla Recalcati ricorda in modo singolare il motto di Agostino: ama e fa’ quel che vuoi.

w.m.

[Massimo Recalcati, Contro il sacrificio. Al di là del fantasma sacrificale, Raffaello Cortina editore, Milano, 2017]

[Pietro Prini, Lo scisma sommerso. Prefazione di Enzo Bianchi, postfazione di Giannino Piana, Interlinea, Novara, 2016]

[Ferdinando Sudati, Le chiavi del paradiso e dell’inferno, Marna, Barzago (LC), 2007]


Walter Minella - l'autore di questa recensione - ha insegnato storia e filosofia nei Licei. Tra le sue pubblicazioni: Il dibattito sul dispotismo orientale. Cina, Russia e società arcaiche (1991). Ha tradotto il breve saggio di Varlam Tichonovič Šalamov, il grande testimone dei Gulag, Tavola di moltiplicazione per giovani poeti (2012), ha curato la pubblicazione del libro postumo di Pietro Prini, Ventisei secoli nel mondo dei filosofi (2015) e ha scritto la monografia Pietro Prini (2016).

Leggi altre recensioni

Vuoi ricevere la nostra Newsletter?