Alla ricerca della preghiera autentica


Non sono mai stata capace di pregare, in senso tradizionale, nel senso che non ho mai o quasi chiesto grazie, favori, aiuti né a Dio né agli uomini/donne .Questo potrebbe essere anche un peccato di orgoglio, forse. Ho detto spesso grazie a Dio e agli uomini/donne per favori ricevuti, gratuitamente, senza averli richiesti. Questo potrebbe voler dire che fortunatamente non ho mai sofferto gravi difficoltà. Mi è capitato, a volte, di pregare per qualcun altro, in difficoltà. Ora, leggendo il libro “La goccia che ha fatto traboccare il vaso”, ho capito il perché e mi sento in sintonia con i 16 autori (di cui ho conosciuto personalmente Franco Barbero, Carlo Molari e Ferdinando Sudati).

Essi concordano sul fatto che pregare non significa rivolgersi a Dio perché conceda qualche tipo di grazia ma vuol dire rispondere ed impegnarsi nei riguardi dello Spirito che da sempre soffia all’interno del creato, dentro e fuori di noi. Occorre non domandare per avere ma aprirsi per essere. Come dice Paolo Squizzato “prego dunque divengo”. Per Simone Weil la preghiera è attesa senza oggetto. Attesa dell’insperato, dell’impossibile.

Per cambiare le modalità di preghiera, da quella tradizionale, che è in piena crisi, a quella attuale occorre una conversione. Occorre passare dall’idea di un Dio che sta nei cieli, sensibile alle invocazioni, ai sacrifici, pronto a premiare e a castigare, all’idea dell’impotenza di Dio, impossibilitato a intervenire nel corso degli eventi. Occorre credere, secondo gli autori, a un Dio che è Vita, Amore, Luce, Energia dentro ogni cosa  essendo egli stesso Energia. Occorre  allora crescere nell’Amicizia e relazionarsi con un Amore che impregna tutte le cose. Come scrive san Tommaso “Dio è essere in ogni cosa che è”. La preghiera diventa allora un’ascesa alla pienezza di me. Tutta la creazione è in stato di perenne preghiera perché continua ostinata la sua creazione in una immensa gestazione.

Per José Maria Vigil, preghiera è l’impulso che anima il bosone, il quark, l’atomo, la molecola, l’acqua, l’aria, la pianta, i boschi, gli animali, la terra, la galassia, l’universo aperto. Non occorre cercare Dio, Gesù, Allah, Visnù, Buddha, a Gerusalemme, Roma, la Mecca, il Gange, o nelle piccole chiese parrocchiali. Occorre cercarlo dove è il Dio vivente, cioè in tutte le creature e quindi anche in me.

Nel corso delle cose, in questo universo di cui faccio parte in via di espansione e di compimento, mi fermo e prego, lasciandomi trasformare. La preghiere non influenza Dio ma può trasformarmi, trasfigurarmi. Prego dunque divengo. Prendendomi cura di chi mi sta intorno, cerco di seminare luce, di portare pace e amore. Come dice Raimon Panikkar  “nell’ atto di pregare l’Uomo partecipa al dinamismo che è al centro della realtà e penetra nel cuore del mondo”.       

m.g.

[AA.VV., La goccia che fa traboccare il vaso. La preghiera nella grande prova, Interventi di Franco Barbero, Augusto Cavadi, Claudia Fanti, Paolo Farinella, Paola Lazzarini, Antonella Lumini, Alberto Maggi, Gianni Marmorini, Carlo Molari, Gianluigi Nicola, Silvano Nicoletto, Antonietta Potente, Gilberto Squizzato, Ferdinando Sudati, Antonio Thellung, Paolo Zambaldi. A cura di Paolo Scquizzato, Gabrielli Editori, San Pietro in Cariano (Verona), 2020, p. 109, euro 13]


Marta Ghezzi - autrice di questa recensione - è pensionata, scrittrice, già dirigente dei servizi sociali nel Comune di Pavia e impegnata come volontaria in movimenti eco femministi per il dialogo interreligioso e interculturale. Ha al suo attivo oltre 16 pubblicazioni. E’ amante della letteratura – narrativa, poetica, saggistica -, con particolare interesse per la teologia femminista.

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