Alessandro Ajres, Storia della Polonia. Dal 1918 a oggi


Tra est e ovest, ostinatamente al centro. Così potremmo riassumere la posizione della Polonia.... Per fortuna, c’è chi non si ferma qui e ci aiuta invece a comprendere una storia travagliata e con continui cambi di scenario. È il caso di Alessandro Ajres, professore a contratto di lingua polacca all’Università di Torino. Il suo Storia della Polonia. Dal 1918 a oggi, delinea i momenti salienti degli ultimi centocinque anni di storia polacca senza limitarsi a un mero resoconto di eventi e con una mirabile capacità di coinvolgimento del lettore. Tanto più apprezzabile risulta il lavoro di Ajres se consideriamo la rapidità e la tumultuosità con cui si snoda (o si annoda) la ragnatela delle vicende storiche in Polonia.
Il volume risulta particolarmente attuale dato il rinnovato protagonismo in politica estera della Polonia che, considerata il bastione orientale della Nato, negli ultimi due anni ha aumentato la spesa militare fino ad arrivare al 4% del Pil (la percentuale più alta tra i paesi del Patto Atlantico). Col sostegno di un’opinione pubblica favorevole a un sostenuto riarmo del paese, la Polonia aumenta i propri soldati e incassa gli elogi di Washington – che apprezza la tradizionale avversione del paese verso il vicino russo – e in parte di Bruxelles, che è costretta a mostrare apprezzamento verso l’ospitalità offerta da Varsavia ai profughi ucraini.

100 anni di grandi cambiamenti
Il racconto inizia l’11 novembre 1918, quando la Germania firma l’armistizio che pone sostanzialmente fine al primo conflitto mondiale. Il generale Piłsudski assume la carica di capo della neonata seconda Repubblica di Polonia, tornata unita dopo 123 anni. Piłsudski si trova subito a dover affrontare – con comprovata risolutezza – disordini interni e sfide nell’arena internazionale. Il primo colpo di stato – di matrice reazionaria – avviene già a gennaio 1919, fallendo ma provocando un cambio di governo.
Il ventennio interbellico consegna alla storia altri nomi tuttora molto presenti nella vita pubblica polacca. Uno tra tutti, Roman Dmowski, guida della Narodowa Demokracja (Democrazia Nazionale) e poi del Campo della Grande Polonia, di dichiarata ispirazione fascista e antisemita. Dmowski pone le basi per quello che sarà il volto più riconoscibile della Polonia, in patria e all’estero, soprattutto prima e dopo la lunga parentesi comunista: non si può essere polacchi se si rifiuta il cristianesimo.

Fermento in Europa
Ciò che risulta specialmente interessante nell’esposizione di Ajres è lo sguardo rinnovato sull’immagine della Polonia tra le due guerre. Se è conoscenza comune quella di una Polonia vittima e preda delle mire di conquista da est e da ovest, è meno nota la fame di conquista non estranea alla neonata Repubblica. Già nel 1919, le contese territoriali con l’Ucraina porteranno a quasi un anno di battaglie, terminate con accordi provvisori e insoddisfacenti per gli ucraini. Di particolare importanza è la questione della Volinia, regione storica contesa con Russia e Ucraina che sarà teatro di pulizia etnica, a scapito della popolazione polacca, da parte dell’Esercito Insurrezionale Ucraino (Upa) durante la Seconda guerra mondiale. La questione tiene banco nei rapporti tra Polonia e Ucraina ed è un elemento interessante per leggere le relazioni tra i due paesi, mai state idilliache, ancorché dominate dal comune timore nei confronti del vicino russo. Basti pensare al fatto che Stepan Bandera, fondatore dell’Upa, è ad oggi considerato liberatore e unificatore della patria ucraina, mentre in Polonia è considerato un collaborazionista nazista e un criminale di guerra.
Durante gli anni Trenta la Polonia si rende protagonista di una nuova politica estera espansiva seguendo tre direttrici: Danzica a nord, Cieszyn (Cecoslovacchia) al centro, la Volinia a sud-est. La città libera di Danzica e la Volinia saranno soggette a varie forme di “polonizzazione” della società, con forzate conversioni al cattolicesimo e atti di forza da parte della popolazione polacca locale. Queste informazioni aiutano a uscire da un’immagine della Polonia sommariamente etichettata come baluardo cattolico d’Europa, e fanno comprendere il suo inquadramento nei giochi di potere delle relazioni internazionali e lo spirito di rivalsa con cui vi partecipa.

Destra nazionalista tra passato e presente: razzismo, antisemitismo, autoritarismo
Il racconto di Ajres non tralascia mai importanti parallelismi tra passato e presente, che aiutano a comprendere meglio tanto le dinamiche passate quanto quelle contemporanee. Uno dei casi simbolo è l’Obóz Narodowo-Radykalny (Onr), un’organizzazione nazional-fascista e razzista, che nasce nei primi anni Trenta e viene ricostituita nel 1993 e poi nel 2012. Oggi, l’organizzazione è co-organizzatrice della Marcia d’Indipendenza che si celebra ogni anno l’11 novembre e che raccoglie le frange più estreme della destra non solo polacca ma di gran parte dell’Europa, con slogan antieuropeisti, anti-Nato, antisemiti, omofobi. Durante gli anni Trenta i suoi adepti soffiano sulla fiamma dell’odio contro gli ebrei. Citando Ajres:
I commercianti ebrei vengono fatti bersaglio di slogan patriottici “Comprate solo dai polacchi!”; mentre nelle università si arriva alle aggressioni fisiche e, in alcune di esse, all’odiosa pratica dei banchi-ghetto, ovvero la sistemazione coatta degli studenti ebrei in una parte dell’aula.

Nonostante ciò, e nonostante i pogrom che si scatenarono contro gli ebrei a opera di cittadini polacchi durante la Seconda guerra mondiale e nei primi anni del dopoguerra, Ajres evidenzia più volte la riluttanza della stragrande maggioranza della popolazione ad adeguarsi ai dettami antisemiti. Molti continuavano a rifornirsi nei negozi gestiti da ebrei e solidarizzavano nelle università; neanche le forze dell’ordine si dimostreranno collaborazioniste o tolleranti verso gli episodi di aggressione. Durante l’occupazione nazista, poi, molti furono i polacchi che diedero rifugio a famiglie ebree, tanto che la Polonia annovera oggi il maggior numero (7.112) di “Giusti tra le Nazioni”, ossia di non ebrei che durante la Shoah salvarono la vita agli ebrei.

La storia della Polonia Popolare
Ajres trasmette efficacemente la tragicità dei fatti storici e le tensioni che si trova ad affrontare la Polonia del secondo dopoguerra. Dopo aver visto svanire la possibilità di un governo che rappresentasse sia i filosovietici che il governo in esilio a Londra, la Polonia viene inglobata nel blocco comunista guidato dall’Unione Sovietica. Il processo è lo stesso visto anche in altri paesi: eliminazione del pluralismo partitico, nazionalizzazione dell’industria e collettivizzazione dei terreni agricoli. Quello che bene emerge dal racconto di Ajres sono le differenze con il resto dei paesi dell’orbita sovietica.
In Polonia esiste una componente contadina preponderante che ottiene notevoli consensi al di fuori delle grandi città e - tramite proteste e richieste - porta a un parziale abbandono della collettivizzazione dell’agricoltura. La componente agricola risulta di grande importanza anche nei giochi partitici contemporanei, dove il PiS (Diritto e Giustizia, il partito al governo in Polonia) cerca di accaparrarsi i voti della popolazione rurale in diversi modi, come il recente blocco delle importazioni di grano dall’Ucraina che ha fatto infuriare Kyiv, mentre il partito agrario (Psl) tende ad alleanze con partiti più moderati e liberali, come Piattaforma Civica – la coalizione moderata guidata da Donald Tusk che sfida il governo conservatore – o altri partiti centristi.
L’autore, nel ripercorrere la storia della Repubblica Popolare di Polonia, mette in evidenza l’insofferenza dei lavoratori e dell’intelligencija verso le condizioni di vita e le repressioni delle libertà e, nel raccontare gli oltre quarant’anni che separano la seconda dalla terza repubblica, sottolinea il susseguirsi delle rivolte di piazza e gli scontri con la polizia (che portano a morti e incarcerazioni tra i manifestanti). Fondamentale è il sostegno offerto alle proteste dalla Chiesa polacca, che cerca sempre di mantenere una prudente posizione di dialogo e gioca un ruolo decisivo nelle battaglie portate avanti da Solidarność, il sindacato che negli anni Ottanta ha un ruolo decisivo nella fine del potere comunista in Polonia.
I subbugli sociali, uniti ai tentativi del governo di evitare un’invasione sovietica – com’era avvenuto in Cecoslovacchia nel 1968 e in Ungheria nel 1956 – portarono a continue svolte nelle decisioni prese (liberalizzazioni e restrizioni della libertà, fino alla dichiarazione della legge marziale nel 1981 e alle prime elezioni semi-libere nel 1989). La storia evidenzia l’unicità della Polonia nel suo percorso, tanto da consentire vaghi riferimenti a una “terza via al comunismo” o “via polacca al comunismo”.

La Terza Repubblica
Ed eccoci arrivare al presente, tempi non meno frenetici per la Polonia. La narrazione di Ajres s’infervora nel presentare il susseguirsi degli affannosi tentativi della nuova classe politica di segnare un distacco con il passato. Risulta evidente come gli elementi su cui si imperniano le fratture e le tensioni sociali siano ancora una volta la Chiesa, i rapporti con i Paesi confinanti e le differenze sociali tra città e campagna.
Inoltrandoci negli ultimi capitoli del libro, scopriamo in quanti e quali modi sono divisi gli elettori polacchi, dalle classi sociali al territorio geografico di appartenenza. Portandoci lungo le pieghe della Polonia plasmata da Solidarność e le sue derivazioni, lo storico presenta la polarizzazione partitica tra Piattaforma Civica e Diritto e Giustizia, così come l’evoluzione dei due partiti dai primi anni Duemila ai giorni nostri. Desta curiosità il fatto che i leader dei due gruppi politici sono gli stessi dagli albori della Terza Repubblica, ma le loro posizioni hanno subito profonde trasformazioni nel tempo.
Secondo Ajres, la svolta radicale e, in una certa misura, reazionaria del PiS (Diritto e Giustizia) prende piede dalla tragica morte di Lech Kaczyński (Disastro di Smoleńsk, 2010) e successivamente dalla crisi migratoria del 2015, fenomeno che ha portato a una radicalizzazione dei movimenti e partiti anti-immigrazionisti in tutta Europa. Non a caso è dal 2015 che il PiS regna pressoché incontrastato in Polonia.
Il cambio di marcia di Piattaforma Civica nasce invece proprio in risposta alla radicalizzazione del PiS: con il ritorno di Donald Tusk alla guida del partito, quest’ultimo ha sposato posizioni più liberali verso l’aborto – casus belli di molte manifestazioni in Polonia dal 2015 – i diritti delle donne e della comunità LGBTQIA+. Tutto questo pur mantenendo un conservatorismo da destra moderata, basato su radici cristiane.
Arrivando nel suo racconto fino ai primi mesi del 2023, Ajres rende chiara la posizione della Polonia sullo scacchiere europeo, al netto dei continui contrasti con l’Ue e dell’invasione russa ai danni dell’Ucraina – evento che ha riportato la Polonia ad avere un ruolo centrale nel Vecchio Continente – e ci lascia in trepida attesa delle elezioni che si terranno in autunno, importanti per la Polonia, ma anche per l’Europa (e non solo).

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[Alessandro AJRES, "Storia della Polonia. Dal 1918 a oggi", Morcelliana-Scholé, Brescia 2023, pp. 240, euro 18]


 



Oscar Luigi Guccione è laureato in European and Global Studies, ha trascorso due anni in Polonia (prima a Cracovia per studio, poi a Danzica lavorando per la Thomson Reuters). Ha scritto una tesi di laurea magistrale sulla securitizzazione della gestione della pandemia da coronavirus in Polonia, e una tesi di master sull’influenza politica della Conferenza di Helsinki in Polonia negli anni Settanta e Ottanta. Lavora attualmente presso l’Istituto Universitario Europeo di Fiesole.

 

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