Adelaide Baldo, Per amore e desiderio. Lettera all’uomo che sarai


Già le parole del titolo annunciano l’orizzonte in cui si colloca questo delicato e prezioso libro: la dimensione affettiva personale - l’amore di una nonna verso il nipotino che sta per nascere e il desiderio di avviare con lui una relazione che si svilupperà nel corso della vita - si inserisce in una dimensione pubblica di comunicazione, aperta e condivisa tramite una lettera indirizzata non tanto a quel bambino ma all’uomo che quel bambino potrà diventare (e a tutti gli uomini liberi e consapevoli che tutti i bambini avrebbero il diritto di diventare).

Attraverso i titoli dei quattordici densi capitoli in cui si articola questa lettera possiamo farci una prima idea della ricchezza e pregnanza dei contenuti: “Caro nipote”, “Noi, gli altri, il conflitto”, “Nascere, morire”, “Sognare”, “Sogno e poesia”, “Maschi e femmine”, “Fratelli e sorelle”, “Padri”, “… e madri”, “Ricetta della caponata”, “Confondere, confondersi”, “La Storia”, “Il coraggio del futuro”, “Speranze”.

Perché l’uomo – non il bambino – sia il destinatario della lettera, Adelaide Baldo ce lo chiarisce fin dalle prime pagine: “[…] mi rivolgo all’uomo che sarai. Non so quando ti sentirai uomo – quindici anni? venti? trenta? - ma so che quel momento sarà importantissimo, perché vorrà dire che ti sentirai consapevolmente parte del grande mondo che ci accoglie e sentirai come sia bello assumersi responsabilità, e saper pensare, e sapere, e conoscere, e non tirarsi indietro davanti alle sfide della vita.” (p. 12)

[…] con te piccolo giocherò e farò le coccole e inventeremo filastrocche, ma io, in questo momento, ti voglio pensare come adulto. [...] c’è una dimensione della comunicazione che va ben oltre i limiti della temporalità ed è a questa che mi appello nello scriverti. E’ lo stesso tipo di comunicazione trans-temporale che sperimentiamo nel leggere un classico della letteratura, o ascoltando musica, o guardando un dipinto. […] Vorrei che il mio piccolo sapere – quel piccolo patrimonio di riflessioni che tutti possediamo, nato e cresciuto nel corso della vita e che ciascuno custodisce dentro di sé – ti arrivasse come viatico, come legame virtuoso tra generazioni.” (p. 14).

Insieme al tema della comunicazione transgenerazionale che permette la trasmissione della memoria e la valorizzazione dell’esperienza di vita, emerge da subito come uno dei fili conduttori della lettera anche il tema del legame, della condivisione di responsabilità nell’apertura al mondo, oltre ogni chiusura angustamente identitaria: “[…] a me piace pensare che siamo tutti legati da una grande, reciproca responsabilità, che riguarda il modo di usare le risorse della Terra, il modo di metterci in relazione con gli altri, il modo di dare valore alle cose e agli esseri viventi, il modo di dare significato al nostro esistere. Che ci piaccia o no, siamo parte di una grande comunità che si chiama genere umano, anche se spesso siamo tentati di sentirci appartenere solo a quella, davvero minuscola, che possiamo contenere nel corto raggio del nostro braccio.” (p. 19)

Questa dovrebbe essere l’essenza della convivenza pacifica e rispettosa: mettersi nella condizione di pensare assieme, al di là della distruttività impulsiva, al di là dell’avidità, al di là del delirio per il potere personale. Per fare questo, però, è necessario essere convinti che il bene supremo dell’essere umano sia la sua capacità di guardare criticamente a sé stesso, alle proprie emozioni, alle proprie azioni, e di costruire categorie della mente che aiutino a fare ordine nella grande complessità della vita soggettiva e collettiva. E’ un continuo esercizio di attenzione, di conoscenza, di confronto. E di cura: di sé, degli altri, dell’ambiente in cui si vive.” (p. 23)

Attenzione, confronto, cura, complessità, emozioni: sono parole chiave ricorrenti nel libro, certamente connesse con l’esperienza professionale dell’autrice, che a Brescia lavora come medico psicoterapeuta a orientamento analitico, “con uno sguardo d’attenzione alle dinamiche inconsce dei gruppi” (così Adelaide Baldo presenta sé stessa nella pagina Internet http://www.secondorizzonte.it/?page_id=1048, aggiungendo: “I gruppi mi affascinano da sempre, con le loro emozioni sotterranee e le improvvise risorgive di pensiero. Non a caso gli anni della mia vita che ricordo con maggiore piacere, sono quelli passati al Conservatorio – mi sono diplomata in pianoforte – dove facevo parte del coro e ho potuto godere il piacere immenso della musica d’assieme”).

La passione per la musica (e in generale per l’arte, la letteratura, il cinema e tutte le molteplici forme di elaborazione culturale dell’esperienza umana) è un altro importante filo conduttore del libro, che non a caso si conclude con una splendida appendice di tre pagine dove l’autrice, nella speranza di aver suscitato “interesse e, soprattutto, curiosità e domande” e “per approfondire alcuni dei temi toccati”, offre al nipote (e a tutti noi lettori) una avvincente ricca proposta di testi di saggistica, romanzi, film, musiche, dipinti a lei cari, come “spunto per arricchire i tuoi pensieri nel confronto con quelli di altre persone che sono state capaci di organizzare e tradurre i propri in forme compiute da donare a tutti noi”. (p. 119)

Qualcuno, leggendo i titoli dei capitoli, si sarà forse chiesto che cosa abbia mai a che fare con tutti questi temi alti la “ricetta della caponata” che occupa le pagine 83-85. Adelaide Baldo così si rivolge al nipote: “Mi chiedo se ti piaccia cucinare. A me molto, come pure mi piace mangiare […] ora ti darò la ricetta della caponata, uno dei miei piatti preferiti […] Tanto per cominciare devi allineare sul tavolo da lavoro melanzane, peperoni, cipolle, sedano, pomodori, olive, capperi, uvetta, aceto, olio, sale, zucchero. […] Ogni ingrediente si presenta con la sua riconoscibilià, eppure in un insieme perfetto, dove ciascun sapore esalta gli altri. Totale armonia di colori e sapori. Piatto gioioso”. Abbastanza evidente appare qui il valore – ma forse diremmo meglio il sapore - metaforico di questa digressione culinaria...

L’ultimo capitolo (“Speranze”) si presenta come un elenco che, nella sua apparente semplicità, può dare alcune significative chiavi di lettura dell’assai articolato percorso in cui Adelaide Baldo ci ha accompagnato, sempre con quella sorridente leggerezza e quel gentile understatement con cui sa affrontare anche le questioni più complesse. Tra le quarantuno speranze per il futuro di quell’uomo che il bambino non ancora nato potrà diventare e al quale la lettera è indirizzata, ne troviamo certamente di grandi e impegnative (“che tu sappia costruire dentro di te la forza per superare i dolori della vita”, “che tu sappia amare”, “che tu sappia riconoscere il valore degli altri”, “che tu possa sperimentare il dubbio”, “che tu sappia essere convinto delle tue idee”, “che tu sappia anche cambiare le tue idee”, “che tu non debba mai aver paura ad esprimere le tue idee”...) ma ecco spuntare anche una speranza che, pur piccola piccola, non è insignificante nella prospettiva del superamento di stereotipi e rigidi ruoli: “che tu sappia attaccarti i bottoni”.

Spero che i molti virgolettati abbiano potuto dare un’idea anche dello stile comunicativo – decisamente empatico e amichevole nei confronti del lettore – di questo libro, che è un concentrato di saggezza e umanità, un esercizio di pensiero su identità, corpi, generi, ruoli sociali e familiari, una rara testimonianza di impegno etico e civile e molte altre cose ancora. Vorrei invitare tutte e tutti a procurarsi il libro, ad assaporarlo, a gustarlo, eventualmente poi anche a regalarlo a future nonne, zie, madri, padri, nonni, zii…

Mi piace riportare – a chiusura di questa scheda - le parole finali del penultimo capitolo (p. 115), che riprendono e sviluppano il titolo del capitolo stesso e aprono all’elenco di speranze di cui si è detto: “Il coraggio del futuro è questo: accogliere la sfida al cambiamento sapendo che nulla potrà mai essere definitivo, né le cose negative – questo ci conforta – né le cose positive, e questo richiede una grande capacità di pensiero per non farsi prendere dalla stanchezza. Se è vero che il senso della vita è viverla, il coraggio sta nell’attraversarla e fare ciò che si può. Con responsabilità, con cura, con saggezza e amore”.

a.m.

[Adelaide BALDO, Per amore e desiderio lettera all’uomo che sarai, liberedizioni, Brescia 2017, pp. 121, euro 16]

Alberto Moreni – il compilatore di questa scheda - è nato a Brescia, ha studiato all’Università di Pavia, vive da più di un quarto di secolo a Firenze e mercoledì 17 aprile 2019 presso lo Spazio Sapere Pavia del Broletto è stato coinvolto nella presentazione del libro di Adelaide Baldo, in dialogo con l’autrice e con Walter Minella.

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