Memoria d'inchiostro - L’Archivio comunale parte antica: il Registro “delli giustiziati”


Scriveva Fallabrino, nel 1943 sul giornale Il Ticino:”I lettori di animo tenero sono avvertiti che queste note non sono arcadiche, e le scansino. Gli altri non cerchino qui materia gialla o terrificante. Al più si parla di teste tagliate a delinquenti o di orecchie smozzicate. Ciò è sempre meno atroce di quanto si sente o si vede oggidì, perdurando la civilissima età dei bombardamenti aerei”. Queste righe fanno da preambolo ad un piccolo trattato dal titolo Carnefici e Giustiziati in Pavia. La Confraternita di San Rocco (disponibile per la consultazione presso la nostra Biblioteca civica), dove l’autore dichiara nella prima pagina che ha tratto le notizie dal “nostro Archivio storico e dai residui di quello della Confraternita di san Rocco al Carmine”. Filippo Catanese rilegge per noi e con noi le pagine del Registro “delli gisutiziati”, scritto a più mani a partire dall’anno 1596, conservato oggi presso l’Archivio storico, nel fondo Manoscritti e ci racconta la storia della Confraternita e dei suoi disgraziati assistiti, i condannati a morte. Questo registro, inedito, in realtà non appartenente all’Archivio Comunale ma legato ad esso attraverso tutta la documentazione riguardante il boia, il carnefice o come si definiva esso stesso Maestro di giustizia. Ed ecco allora che scopriamo le storie di Andrea Donegani, aiutato da Rossin nelle fustigazioni, anno 1578 e poi nel 1590 arriva Giovan Battista Molino, detto il Piacentino e poi arriva nel 1624 Giovanni Battista Moretto e molti altri ancora. Tutti condannati a morte che per fuggire alla forca si propongono come boia, professione non particolarmente ambita e poco remunerata in effetti, come testimoniano le lettere dei “professionisti” che si lamentano con il Comune perché non percepiscono neppure il misero stipendio pattuito!

Ma ritorniamo ai condannati e alle loro anime… entriamo con Filippo Catanese nella chiesa di San Rocco, Pavia, via XX Settembre…

Elenco allegati:


 


Filippo Catanese, laureato in scienze archivistiche presso l'Università degli studi di Pavia con una tesi sulle imbreviature dei notai pavesi Giovanni e Antonio Oleari del 1388 (relatori proff. Ezio Barbieri e Giuseppe Polimeni). Ha collaborato a progetti di ricerca con le Università di Trento, Perugia e Piemonte orientale. Attualmente è dottorando di ricerca presso l'Università degli studi Gabriele d'Annunzio di Chieti con una borsa di studio finanziata dall'Istituto Storico Italiano per il Medioevo (ISIME) con una tesi di edizione e studio dei documenti del monastero di san Pietro Avellana (secc. XI-XIV), conservati presso l'archivio dell'abbazia di Montecassino.


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