Addio, ragionier Fantozzi

Addio, ragionier Fantozzi

Stanotte è morto Paolo Villaggio.

Credo che molti, appresa la notizia, l’avranno tradotta così: “è morto Fantozzi”. L’identificazione tra l’attore e la maschera accade raramente: in Italia, per esempio, era successa a Totò, il principe Antonio de Curtis che tutti però conoscevano con il nome d’arte, Totò. Fantozzi non era il nome d’arte di Villaggio: eppure per tutti l’attore era identificato con il suo personaggio (un aneddoto: Villaggio si imbarca su un traghetto per l’isola d’Elba, viene riconosciuto e subito si sparge la voce: è salito Fantozzi!).

Villaggio era una persona colta e molto intelligente (un indizio di ciò, la sua amicizia con De André: erano coautori della geniale canzone Carlo Martello ritorna dalla guerra): insomma l’opposto della sua maschera. Da molte dichiarazioni risulta che detestasse il suo personaggio. I film di Fantozzi gli apparivano volgari, stupidi, commerciali, non certo qualcosa di cui andar fiero, come invece della partecipazione al film di Fellini “La voce della luna”.

Sbagliava, cioè condivideva lo stesso pregiudizio che molti critici avevano avuto nei confronti dei suoi film, come anche nei confronti dei film di Totò, quando uscivano. Solo dopo la morte del grande attore napoletano si scoprì la potenza di una maschera comica che aveva le sue radici nel passato più remoto della tradizione popolare meridionale, di cui costitutiva una miracolosa attualizzazione: era questo, non le trame discutibili o leggere o improvvisate, il fascino del grande Totò, soprattutto quando era accompagnato da qualche spalla geniale, come Peppino de Filippo: era questa la sorgente di quella meravigliosa fusione di lazzi, frizzi, gesti, furbizia nell’ affrontare le difficoltà della vita…

E Fantozzi cosa rappresenta? A mio parere, rappresenta la versione del tipo popolare italiano dopo il tramonto della civiltà contadina, nel tempo della modernizzazione avanzata (anni ’70-’80-inizio ’90 in Italia): sazio e non più affamato, impiegato non disoccupato o precario, inserito in una grande industria non in un mondo pre-industriale, ma profondamente sradicato nei suoi modelli di comportamento (a differenza di Totò), grottescamente goffo, e quindi esposto a tutte le mode, le invidie, i complessi di inferiorità, in un tentativo sempre fallito di autoaffermazione che fa sorridere, anzi ridere, talvolta in modo sgangherato e in controllato. (Questo almeno è quello che capitava a me e ad alcuni miei giovani conoscenti: e la cosa curiosa è che, rivedendo scene viste 20 o 30 volte, la risata prorompe di nuovo). Un dettaglio curioso ma significativo: tanto Fantozzi divertiva i maschi, altrettanto infastidiva, con rare eccezioni, le femmine. La mia ipotesi è questa: per le femmine Fantozzi rappresentava il condensato negativo del maschio, l’antitipo del fascino; per i maschi, invece, Fantozzi era un po’ quel che Mike Buongiorno era per gli italiani degli anni ’50, secondo l’analisi di Umberto Eco: qualcuno che capivano, con le cui difficoltà vitali si potevano anche in parte identificare, ma la cui goffaggine estrema era tale che ciascuno poteva dire: ma io non sono proprio così, io sono meglio. Il complesso di inferiorità personificato esponeva le difficoltà dei maschi, in un periodo storico in cui i rapporti maschio-femmina cominciavano tumultuosamente a cambiare, e insieme le estremizzava in modo grottesco e appunto risibile.

Ieri è morto Villaggio, ma Fantozzi era morto all’inizio degli anni ’90: era finita cioè quella comicità sorgiva, la capacità di rappresentare di striscio, stravolgendole grottescamente, le grandi tendenze della vita collettiva italiana attraverso una sorta di microfisica del potere che ne mostrava tutto lo squallore, attraverso una maschera popolare creata con un giro di straordinari attori coprotagonisti, a cui Villaggio rimase sempre fedele e che sarebbe riduttivo definire solo come caratteristi (la signorina Silvani- Anna Mazzamauro, la signora Pina- Milena Vukotic, l’amico Filini- Gigi Reder, il collega disinvolto, che gli si rivolgeva chiamandolo Puccettone- Anatrelli; oppure comparse vere, presenti in un solo momento ma indimenticabili, per esempio il compagno Folagra - e molti altri). Era rimasto un vecchio triste, cupo, rassegnato a una visione cinica e nichilista del mondo. Preferiamo ricordarlo com’era da giovane e nell’età matura, perché gli siamo debitori di tanti momenti di buon umore.

Addio, ragionier Fantozzi.

Walter Minella

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