Paolo Mazzarello, L'inferno sulla vetta


Questo libro è composto come una sorta di dittico. Nella prima tavola viene descritta la vita dell’Università di Pavia, e in particolare della sua illustre Facoltà di Medicina, intorno alla fine dell’Ottocento. Nella seconda viene raccontata una tragedia in montagna, in cui furono coinvolti tre giovani esponenti della cultura medico-scientifica che abbiamo già incontrato nella prima tavola. A chi può interessare una storia di questo genere? Certamente ai cultori della storia locale pavese, che rimarranno colpiti dalle tante figure di scienziati dell’Università di Pavia del tempo, ritratti con vivacità. Spicca in particolare la figura di Raffaello Zoja, giovane e brillante promessa delle scienze naturali italiane e insieme militante del nascente movimento socialista (Raffaello, che proveniva da una illustre famiglia della borghesia colta locale, sarà protagonista sfortunato della seconda parte del libro). Tanti sono i dettagli curiosi che il libro propone: per esempio la dura contestazione subita nel 1890 dal rettore del Collegio Ghislieri (“all’improvviso la porta [dell’appartamento del rettore] si spalancò e il locale si riempì di chiassosi studenti che serrarono da tutte le parti il malcapitato”, p. 99). Ma una fruizione del testo limitata alla storia locale pavese sarebbe sicuramente lacunosa, perché perderebbe di vista alcuni dati fondamentali. Anzitutto, l’Università di Pavia allora era l’unica Università della Lombardia, a cui affluivano le migliori intelligenze giovanili da ogni parte di questa grande regione. Anche per questo Pavia nell’Ottocento non era la città sonnacchiosa che è oggi, ma era stata uno dei centri della mobilitazione nazionale per l’unità d’Italia (molti gli studenti dell’Università di Pavia che avevano partecipato alla spedizione dei Mille). Inoltre questa Università era, come è ancora oggi, un centro avanzato di ricerca scientifica in campo medico (si ricordi il premio Nobel del 1906 Camillo Golgi, ordinario a Pavia di istologia e patologia generale). Dato il prestigio della ricerca medico-scientifica, era particolarmente forte in città la cultura del positivismo, sostenuta da un generico spirito insieme scientifico e progressista e che si presentava o in una variante liberal-massonica o in una variante proto-socialista (a proposito di quest’ultima, molto interessanti sono le informazioni fornite dall’autore). Non si dimentichi infine che in questa Università aveva insegnato, prima di passare a Torino, un personaggio poliedrico come Cesare Lombroso (a cui l’autore, ordinario di Storia della medicina all’Università di Pavia, ha dedicato anni fa una monografia), che è forse il più tipico esponente dello spirito del positivismo applicato alle scienze umane. Insomma, se si vuole capire non soltanto la storia della medicina italiana, ma la storia della filosofia italiana tra il dominio positivista del secondo Ottocento e la reazione idealista dell’inizio del Novecento, la cultura scientifica elaborata nell’ambito dell’Università di Pavia costituisce un termine di riferimento significativo. E l’autore di questo libro ci introduce in questa cultura attraverso un racconto ricco di dettagli interessanti, frutto di una ricerca erudita sulle fonti storiche, locali e non.

La seconda tavola del dittico è relativa a una tragedia alpina che vide coinvolti alcuni dei personaggi che abbiamo già incontrato nella prima tavola: anzitutto i due fratelli Raffaello e Alfonso Zoja e poi il loro amico, un giovane e valente medico, Filippo De Filippi. Il racconto della tragedia alterna un rigoroso atteggiamento di spiegazione scientifica delle vicende naturali che determinarono la catastrofe con una forte partecipazione umana, che non lascia indifferente il lettore: perché Mazzarello possiede una verve, un garbo, una capacità di scrittura veramente notevoli (e che non è così ovvio ritrovare nei testi di tutti gli storici).

w.m.

[Paolo MAZZARELLO, L’inferno sulla vetta, Bompiani, Milano 2019, pp. 258, 14 euro]

 


Walter Minella - l'autore di questa recensione - ha insegnato storia e filosofia nei Licei. Tra le sue pubblicazioni: Il dibattito sul dispotismo orientale. Cina, Russia e società arcaiche (1991). Ha tradotto il breve saggio di Varlam Tichonovič Šalamov, il grande testimone dei Gulag, Tavola di moltiplicazione per giovani poeti (2012), ha curato la pubblicazione del libro postumo di Pietro Prini, Ventisei secoli nel mondo dei filosofi (2015) e ha scritto la monografia Pietro Prini (2016).

Leggi altre recensioni

Vuoi ricevere la nostra Newsletter?