Marija Judina, la più grande pianista del Novecento?


Questo libro è straordinariamente interessante per un duplice gruppo di lettori: quelli che amano la musica colta, popolarmente denominata classica, e quelli che sono appassionati alla storia della cultura russa del Novecento, che costituisce, come disse giustamente Vittorio Strada, un ‘martirologio’, un elenco di martiri. La Judina, che fu perseguitata dal potere ma non ‘liquidata’, per uno scrupolo più unico che raro del grande dittatore, ne fa sicuramente parte in modo eminente. Il libro mi è stato regalato per Natale da un’amica: da solo non l’avrei acquistato, perché il titolo non dà alcun indizio del contenuto né, d’altra parte, avevo letto alcuna recensione. Di fatto si tratta di una biografia romanzata di Marija Judina, la grande, leggendaria pianista che conoscevo di fama, ma di cui avevo solo poche, scarne notizie.

Mi era noto, per esempio, l’aneddoto con cui comincia il libro: durante la seconda guerra mondiale, nel 1944, Stalin ascolta a Radio Mosca, di notte, la trasmissione del concerto per pianoforte e orchestra n. 23 K. 488 di Mozart, eseguito dal vivo dalla Judina. Telefona alla radio chiedendo che il giorno dopo gli venga spedita il disco con la registrazione, che ovviamente non c’era. Ma come rispondere di no alla richiesta del vožd (duce, Führer)? Ed ecco il colpo di genio dei dirigenti della radio: richiamare nella notte gli orchestrali, i direttori d’orchestra (il primo e il secondo, spaventatissimi, risultano incapaci di dirigere, solo il terzo è in condizione di svolgere il suo lavoro) e soprattutto la pianista, Marija Judina, che esegue di nuovo magistralmente questo meraviglioso concerto. Su YouTube è disponibile la registrazione: un’esecuzione perfetta, in cui spicca il secondo tempo, l’Adagio, per la sua straziante, semplice, assoluta profondità. Seguendo i commenti a questa esecuzione così intensa, il lettore troverà la pagina dalle memorie di Šostakovič in cui il più geniale musicista russo del Novecento ricostruisce il seguito della vicenda che, rievocata con profonda partecipazione emotiva e con ricchezza di particolari anche dalla Manin, ci dà la misura della grandezza spirituale della pianista.

Sempre su YouTube, si potranno trovare altre, purtroppo poche, magistrali esecuzioni di Marija Judina: per esempio la trascrizione per pianoforte dell’ultima musica dettata da Mozart sul letto di morte, il Lacrimosa dal Requiem incompiuto K 626, un’esecuzione impressionante per rigore, tenerezza e pietà, oppure l’interpretazione dell’ultima sonata di Schubert, la D. 960. Su di essa i commenti degli ascoltatori di tutto il mondo sono pieni di stupore e meraviglia: per esempio “breathtaking interpretation, so insightful” (interpretazione mozzafiato, così profondamente perspicace) dice uno; e un altro “Yúdina trasmuta todo cuanto toca, al modo de esos espíritos cuyo soplo impele a lo excelso o a lo eroico … fuerza feroz y tenebrosa ternura que calan en lo más hondo dejandome exausto cuantas veces la escucho” (Yúdina trasmuta tutto quel che tocca, come quegli spiriti il cui soffio spinge all’eccelso o all’eroico … forza feroce e tenebrosa tenerezza che scendono nel più profondo lasciandomi esausto ogni volta che la ascolto). E si potrebbe continuare - penso per esempio ai frammenti di esecuzione di Bach, di un meraviglioso rigore e insieme di profonda spiritualità. Forse la testimonianza più autentica della genialità di Marija Judina in quanto interprete è data da Šostakovič, che aveva composto “tra l’ottobre 1950 e l’ottobre 1951 i Preludi e Fughe … omaggio al Clavicembalo ben temperato bachiano e alla sua interprete più grande, Marija Judina” - un capolavoro naturalmente stroncato dagli imbecilli dell’Unione dei Compositori Sovietici. “Marija ne darà un’anticipazione a casa sua, presente Mitija [Šostakovič]. Che alla fine, stordito da quell’esecuzione, le confiderà: «Non è affatto quello che ho scritto, è molto meglio. Suonali così, Marija»” (pp.195-196).

Una delle ascoltatrici commenta così l’opera di Marija Judina: “Non era solo una pianista. Era una filosofa”. In fondo penso che abbia ragione: se non una filosofa nel senso ‘professionale’ Maria Judina (1899-1970) era sicuramente tale nel senso più ampio del termine, era cioè una donna di profondissima spiritualità, del tutto aliena rispetto al denaro, capace tanto di somma indifferenza rispetto al potere quanto di assoluta devozione al mondo della bellezza incarnato nella musica: si potrebbe dire una jurodivaja, la versione femminile dello jurodivyj, l’innocente, lo stolto di Cristo (per riprendere una figura chiave della spiritualità ortodossa) in veste di pianista. Un particolare biografico mi ha colpito: Maria Judina, nata da una benestante famiglia ebraica agnostica, da cui non ricevette educazione religiosa, si convertì intorno ai 20 anni al cristianesimo ortodosso, a cui rimase intensamente fedele tutta la vita. Questa vicenda mi ha ricordato alcune altre donne eccezionali, pensatrici profonde perché persone umanamente straordinarie - donne in cui la radice ebraica sembrava dimenticata, salvo poi riaffiorare potentemente, a mio parere, nella loro adesione al cristianesimo: penso per esempio a Simone Weil, a Edith Stein, a Etty Hillesum. (Ovviamente non intendo dire con questo che la grande ammirazione a mio parere dovuta alla cultura ebraica implichi o presupponga un’adesione al cristianesimo. Voglio solo sottolineare che il recupero dell’albero originario, l’olivo ebraico su cui è innestato l’olivastro ‘pagano’, possa produrre frutti intellettuali particolarmente saporiti).

Marija Judina si aggiunge ora per me a quella costellazione particolarmente luminosa. Dunque, grazie a Giuseppina Manin per averci introdotto, con perizia musicale, competenza profonda nell’ambito della cultura russa, sottile arte del racconto, alla conoscenza di questa straordinaria figura di donna, di cui racconta la vita con viva empatia. Una sola obiezione vorrei muovere all’autrice, che definisce il suo bellissimo testo ‘romanzo’: perché non indicare espressamente quali sono gli elementi reali della storia (sicuramente l’esecuzione notturna del concerto n.23 di Mozart citata all’inizio, come anche l’amicizia con Bachtin, Pasternak, Anna Achmatova, Florenskij…) e quali sono quelli inventati o liberamente ricostruiti (suppongo soprattutto la storia del grande amore di Marija)? Sarebbe bastata una nota finale un po’ più lunga e precisa.

Walter Minella


[Giuseppina Manin, Complice la notte, Guanda, Milano 2021, euro 18]


Walter Minella - l'autore di questa recensione - ha diretto la rivista "Ulisse" e attualmente è il curatore della rubrica di recensioni della Biblioteca Bonetta di Pavia.

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