Edgar Morin è lo pseudonimo che Edgar Nahoum, nato nel 1921 a Parigi da una famiglia di origine ebraica, assunse da giovane militante della Resistenza antinazista e con cui è diventato noto come uno dei più importanti filosofi e sociologi contemporanei. Adesso ha 99 anni: eppure chi leggerà questo saggio, appena pubblicato dalla casa editrice Ave di Roma, non avrà alcuna nozione delletà dellautore, tanto è fresco, vivace, aperto il pensiero che vi si riflette. Don Luigi Ciotti, nella sua appassionata prefazione, afferma che lautore è un vero maestro, uno dei pochi che ci sono rimasti in Europa (p. 10). Sono daccordo. Questo è un libro esiguo per numero di pagine e insieme profondo, denso ma anche amichevole verso il lettore non specialista. Molti temi, enunciati con ammirevole chiarezza, non possono venire analiticamente sviluppati in questa sede. (Per uno sviluppo organico dellargomentazione di Morin il lettore curioso potrà prendere in mano, tra gli altri libri dellautore, la monumentale ricerca in 6 volumi Il metodo, tradotta in italiano dalleditore Raffaello Cortina). Mi limiterò a ricordare alcuni di questi temi.
1. Il confronto serrato con le scienze
A differenza di molta parte della filosofia contemporanea, Morin non solo non rifugge dal confronto con le scienze, ma lo promuove apertamente. Secondo lui va combattuta la compartimentazione e la separazione tra cultura umanistica e cultura scientifica, tendenze che si sono accompagnate alla compartimentazione tra le differenti scienze e discipline. La mancanza di comunicazione tra le due culture implica gravi conseguenze per luna e per laltra. La cultura umanistica rivitalizza le opere del passato; la cultura scientifica valorizza le conquiste del presente. La cultura umanistica è una cultura generale che, attraverso la filosofia, il saggio, il romanzo, pone problemi umani fondamentali e stimola la riflessione. La cultura scientifica stimola il pensiero teorico, ma non una riflessione sul destino umano e sul divenire della scienza stessa. La cultura scientifica apporta conoscenze fondamentali sulluniverso, la vita, luomo, ma manca di riflessività. Il mulino della cultura umanistica non accoglie e non macina più il seme vitale del sapere scientifico.1
2. Tra biologia, ecologia e antropologia
Da qui il confronto serrato, che in questo testo è accennato sommariamente ma in modo efficace, non tanto con la geniale teoria darwiniana dellevoluzione, quanto con le implicazioni ideologiche che da essa spesso sono state e tuttora vengono tratte: il cosiddetto darwinismo sociale, una riformulazione contemporanea della teoria dellhomo homini lupus (luomo è lupo alluomo) che Hobbes (1588-1679) aveva desunto da Plauto (255 a.C. circa - 184 a.C.). Morin non nega, ovviamente, che esista la dimensione della guerra tra gli esseri umani e in genere tra i viventi, secondo il principio mors tua vita mea, la tua morte è la mia vita. Ma egli mette in rilievo la presenza, accanto agli istinti o pulsioni di carattere aggressivo, anche di una forte spinta alla socialità, alla solidarietà, che caratterizza non solo gli umani ma anche molte altre specie diverse, nei loro reciproci rapporti simbiotici (in cui cioè una specie trae vantaggio e può sopravvivere grazie alla presenza dellaltra). Il riferimento teorico, che funge da integrazione del pensiero di Darwin, o forse meglio del darwinismo sociale, è dato anzitutto dal pensiero di Pëtr Kropotkin (1842-1921), il naturalista russo che fu uno dei maestri dellanarchismo pacifico o pacifista. Ma soprattutto la fonte privilegiata del pensiero di Morin è la scienza ecologica. Essa, marginalizzata perché interdisciplinare, vale a dire in grado di legare e combinare i saperi delle discipline geofisiche e biologiche, aveva elaborato grazie ad Arthur Tansley, nel 1935, la nozione di ecosistema. Il termine indica linsieme delle interazioni e retroazioni interne a ununità geografica determinabile che contiene diverse popolazioni viventi (unicellulari, vegetali, animali) che costituiscono ununità complessa di carattere organizzativo, o sistema Gli ecosistemi racchiudono in sé non soltanto predazione, aggressioni, competizioni, ma anche complementarietà, associazioni, simbiosi e cooperazione (p. 20).
3. Lo sfondo tragico della vita
Il sottotitolo di questo libro è resistere alla crudeltà del mondo. Tanto la crudeltà quanto la resistenza ad essa sono radicate secondo Morin nella struttura del mondo: lautore riprende un frammento di Eraclito (VI-V secolo a.C.) sulla compresenza costante di concordia e discordia. Le forze dunione si confrontano e si affrontano con le forze di dispersione, di distruzione e di morte Concordia crea le organizzazioni associando elementi di sistema, Discordia conduce alla disintegrazione di questi sistemi, e tutto questo continua e continuerà fino a non si sa quando (pp. 25-26). Ricorrendo a termini greci, Morin parla di tre forze, Eros [amore], Pólemos [guerra] e Thánatos [morte], che stanno tra loro in una relazione complementare, antagonistica, indissociabile (p. 26).
4. La solidarietà originaria tra gli uomini e tra gli uomini e la terra
Queste considerazioni, che valgono in generale per tutti i viventi, coinvolgono in modo particolare gli esseri umani. Secondo Morin, la solidarietà interumana (la fraternità) non è un sogno, unutopia irrealizzabile, come oggi si tende prevalentemente a pensare, ma è radicata nella nostra costituzione biologica e psicologica e nella nostra storia evolutiva, in cui per milioni di anni la collaborazione ha giocato un ruolo centrale. Dunque lapertura agli altri esseri umani (la fraternità) ma anche il rispetto degli altri esseri viventi - animali, piante - sono una componente costitutiva della nostra umanità, nella pienezza e ricchezza di significato del termine: ci arricchiscono psicologicamente, ci danno forza, gioia e vitalità. Negare queste potenze psichiche vuol dire condannarsi a un destino di miseria psicologica. E questo è ciò che è accaduto nel mondo occidentale negli ultimi decenni. Il principio di funzionamento delle nostre società contemporanee è stato ben sintetizzato dalla frase di Margaret Thatcher: La società non esiste, esistono degli individui, uomini e donne, ed esistono le famiglie. Ciascuno per sé e il mercato (non Dio, che è scomparso) per tutti. Come diceva Gordon Gekko, il protagonista del film Wall Street di Oliver Stone (1987) Lavidità, non trovo una parola migliore, è valida, lavidità è giusta, lavidità funziona, lavidità chiarifica, penetra e cattura lessenza dello spirito evolutivo (si noti il richiamo allo spirito evolutivo, cioè a quella particolare interpretazione della teoria dellevoluzione di cui parlavamo prima).2
5. La necessità di unalternativa
Molta acqua è passata sotto i ponti dal 1987. Oggi questa impostazione, che allora poteva sembrare cinica ma realista, obiettiva, logica, si è rivelata catastrofica. La distruzione della terra, della nostra unica casa comune, è in corso ed è la conseguenze di questa logica. Il caso del Covid-19, che in questo periodo sta tormentando nello stesso tempo tutto il mondo, è una delle più eloquenti manifestazioni di questo processo. Un altro è il catastrofico cambiamento climatico. Lumanità sta tagliando lalbero sul quale è seduta: fuor di metafora, sta distruggendo lambiente, vitale in cui e di cui vive, si sostenta e si riproduce. Questa preoccupazione per lambiente, naturale e umano, ha avvicinato, recentemente, le posizioni di Morin a quelle espresse da papa Francesco nella splendida enciclica Laudato si. Come osserva don Luigi Ciotti nella sua prefazione: Non ho potuto fare a meno, leggendo queste pagine, di avvertire forti consonanze con quanto ha scritto papa Francesco nella Laudato si. Quando Morin parla della triade scienza-tecnica-economia come di una forza che, se non governata da pensieri e azioni allaltezza, diventa distruttiva e autodistruttiva facendoci precipitare dal rango di homo sapiens a quello di homo demens, mi sembra denunci lo stesso pericolo individuato dal papa nel paradigma tecnocratico, modo di pensare e di agire che detta legge in Occidente: approccio schematico che riduce lambiente a cosa e le persone a numeri, volgendo dunque la qualità cioè la peculiare essenza di ogni forma di vita in quantità, in puro dato statistico. Paradigma che persegue la logica del profitto e della cosiddetta crescita, senza però preoccuparsi che laccumulo indiscriminato di capitali avvenga a beneficio di tutti (p.7).
6. Per una riforma del pensiero
Per combattere efficacemente questa deriva verso la catastrofe è necessaria, secondo Morin, una riforma del pensiero. Per cambiare via bisognerebbe preliminarmente abbandonare il nostro modo di conoscere e il nostro modo di pensare riduttivo, disgiuntivo, compartimentato in favore di un modo di pensare complesso capace di legare, capace di comprendere i fenomeni al tempo stesso nella loro diversità e nella loro unità, così come nella loro contestualità. Bisognerebbe smettere di opporre crescita e decrescita, per determinare invece ciò che dovrebbe crescere (economia sociale e solidale, agroecologia e agricoltura di fattoria, economia dellindispensabile per tutti, produzione di oggetti dallobsolescenza non programmata e non usa e getta, artigianato della riparazione, negozi di quartiere ecc.) e ciò che dovrebbe decrescere (economia del futile e delle false virtù del ringiovanimento e dellimbellimento, alimentazione industrializzata, produzione di energie inquinanti, vendita darmi a potenze bellicose ecc.). (p.50).
7. Costruire oasi di fraternità: unutopia concreta
Ma soprattutto sono necessarie esperienze pratiche alternative che pure ci sono ma che vengono generalmente sottaciute o trascurate, perché nel nostro mondo la dimensione della fraternità/sororanza è, in linea di principio, svalutata o esclusa. Morin parla a più riprese del ruolo centrale che la convivialità, lamicizia, lamore hanno svolto nella sua vita. Sono state queste esperienze positive che gli hanno permesso di affinare lo sguardo sia sui mali della nostra struttura storico-sociale sia su quella che potremmo chiamare la perversione della dimensione psicologica, così diffusa in essa e fatta passare per realismo. Per essere veramente realisti è necessario, dice Morin, attivare un pensiero e una pratica di utopia concreta, realizzabile e in alcune oasi realizzata. Gli esseri umani hanno bisogno dello sbocciare del proprio io, ma questo non può prodursi pienamente che allinterno di un noi. Lio senza noi si atrofizza nellegoismo e sprofonda nella solitudine(p.14). Delle oasi di fraternità già esistono nel nostro mondo: in ogni paese, un ribollire di iniziative private, comunitarie e associative fa germinare qui e là gli abbozzi di una civiltà votata alla fioritura personale nellinserimento comunitario (p. 44). Si tratta di resistenze spontanee alla grande macchina calcolatrice, algoritmizzante, che riduce la vita umana alla dimensione tecno-economica e lessere umano a un oggetto di calcolo, resistenze alla grande macchina che ignora laffettività umana - il piacere e il dolore - e che è animata dalla ricerca ossessiva e demente della massimizzazione. Giacché lossessione del profitto non è assolutamente unespressione della ragione di homo sapiens, bisogna concludere che si tratta di unespressione della tendenza al delirio di homo demens (p. 43-44]. Ma nulla deve essere considerato acquisito per sempre: la fraternità deve rigenerarsi senza posa, giacché senza posa essa è minacciata dalla rivalità (29).Tutto ciò che non si rigenera degenera, e questo vale anche per la fraternità. E questo la rende ancora più preziosa: essa è fragile come la coscienza, fragile come lamore la cui forza è tuttavia inaudita (p.57).
8. Patriottismo vs. nazionalismo, fraternità vs. terrore
Questo sentimento di fraternità si può manifestare nel patriottismo, che va accuratamente distinto dal nazionalismo: allopposto del nazionalismo il patriottismo permette una fraternità aperta, particolarmente quando riconosce piena umanità allo straniero, al rifugiato, al migrante. Può portare in sé un sentimento dinclusione della patria nella comunità umana, che è oggi comunità di destino di tutti gli esseri umani del pianeta (p.15). Daltra parte, la fraternità va accuratamente distinta e contrapposta rispetto al terrore: le esperienze dei totalitarismi ci insegnano che non è possibile imporre la fraternità per legge. La fraternità non può derivare da uningiunzione statuale superiore, deve venire da noi (13).
9. Il ruolo possibile delle religioni
Un tema non affrontato esplicitamente da Morin, ma implicito nella sua indagine, riguarda le religioni. Le grandi tradizioni religiose possono essere una vera risorsa della civiltà attuale, per la loro capacità di mobilitare dal basso in senso universalistico le energie psicologiche dei singoli. A mio parere, questa potenzialità può tradursi in un vero beneficio per la civiltà a condizione che le religioni riescano a vincere due tentazioni: a) il letteralismo, cioè ladesione alla lettera mitologica del loro patrimonio culturale. Questa adesione alla lettera porta con sé la presunzione fatale di combattere contro la scienza, invece di avvalersi delle sue conquiste per riformulare in modo nuovo la tradizione stessa b) la pretesa di detenere il monopolio della verità, che comporta la tendenza a schiacciare, fino ad annullarle, le altre religioni (guerre di religione). Da una purificazione dello spirito religioso può invece nascere un rilevante contributo alla nostra convivenza universale: si possono così evitare le trappole di una fraternità chiusa entro la propria nazione o la propria classe, come nei totalitarismi del Novecento - e possono essere offerte ragioni di convivenza a una società che spesso sembra spenta, esaurita, priva di speranze perché priva di radici.
10. Morin e papa Francesco
Ho citato prima papa Francesco. Bisogna aggiungere che Morin, in una intervista al quotidiano settimanale cattolico francese La Croix, si è dichiarato entusiasta dellenciclica Laudato si di papa Francesco3, da lui definita provvidenziale. E vero che Morin si dichiara agnostico. Ma torna in mente la paradossale battuta del cardinal Martini: la vera differenza non è tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti (quando naturalmente pensare non sia ridotto a calcolare). E tanto Morin quanto papa Francesco sono sicuramente uomini pensanti, perché uniscono al rigore dellargomentazione razionale la passione di una profonda empatia.
1 Stéphane Hessel-Edgar Morin, Il cammino della speranza (2011), traduzione di Anna Sansa e Valentina Abaterusso, chiare lettere, Milano 2012, pp. 45-46.
2 Laffermazione di Gekko è unestremizzazione dellindividualismo, su cui il giudizio di Morin è sfumato: Lindividualismo ha degli aspetti positivi: lautonomia personale, che permette la responsabilità e la creatività Lindividualismo comporta anche aspetti ambivalenti come la concorrenza e la competizione, che sono stimoli psicologici ed economici ma che, oltre una certa soglia, diventano ossessione del profitto, fonte di aggressività e di conflitti, con la competizione che, intensificandosi in competitività, opprime duramente quelli che lavorano nelle imprese. Lindividualismo ha in sé, poi, aspetti negativi: legoismo e il degrado della solidarietà (p.37).
3 La traduzione italiana, pubblicata da Avvenire, può essere letta sulla rete: cfr. https://www.avvenire.it/agora/pagine/morin-enciclica-per-una-nuova-civilta
w.m.
[Edgar Morin, La fraternità, perché? Resistere alla crudeltà del mondo, Ave, Roma 2020, pp. 71, euro 11]
Walter Minella - l'autore di questa recensione - ha diretto la rivista "Ulisse" e attualmente è il curatore della rubrica di recensioni della Biblioteca Bonetta di Pavia.