Se non ci fosse larte avremmo bisogno di troppe spiegazioni. Mi è sempre piaciuta questa scritta anonima su alcuni muri di Pavia. E la conferma che si può imparare molto di più da unopera narrativa, figurativa o musicale che da ponderosi testi teorici. Un esempio lampante sono i romanzi della scrittrice francese Annie Ernaux, nata nel 1940 e vincitrice di numerosi premi. I testi della Ernaux sono autobiografici, ma nel contempo costituiscono un contributo alla cronaca collettiva del nostro mondo occidentale, dallultima guerra mondiale ad oggi: sono come un canto in cui lintreccio tra una voce individuale e il coro della Storia è indissolubile. Non sono unautobiografia intima, autoreferenziale, un esercizio di solipsismo narcisistico, ma una completa immersione nel contesto politico-sociale del tempo, nelle realtà variegate della vita in campagna e in città. Lo sfondo è la Francia del Nord ma ci si può ritrovare, io mi sono ritrovata, in molti fatti particolari e generali.
La scrittrice, nata in un piccolo paese normanno, appartiene a una famiglia modesta, tra la classe operaia e commerciante, piccola borghesia che permette alla figlia di studiare ed emanciparsi. Prima in collegio poi a Parigi allUniversità, da studentessa e poi da insegnante, col 68 a Parigi lautrice conosce intellettuali impegnati e può dedicarsi alla sua grande passione: la scrittura. Nel suo romanzo più conosciuto, Gli anni, tratta con uno stile affascinante, in un modo che definirei non intimista, esperienze dolorose, frustrazioni, riscatto, solitudine e compagnia. Il suo è un romanzo-mondo , un capolavoro in cui ha reinventato lautobiografia trasformando il racconto della sua vita in uno strumento di indagine sociale, politica, esistenziale .
Insieme alla sua infanzia e adolescenza, stretta in un ambiente rurale culturalmente povero, lautrice descrive gli anni e il clima della Liberazione, lAlgeria, la maternità, il lavoro professionale, De Gaulle, il 68, lemancipazione e la liberazione femminista, Mitterand, la diffusione delle merci e le tentazioni del consumismo, lavanzare di internet, l11 settembre, la riscoperta del desiderio Così le varie teorie filosofiche, sociologiche, scientifiche, psicologiche vengono rielaborate in chiave individuale e collettiva. Non si tratta solo di un esercizio autocritico, consolatorio, scritto con sincerità ed un pizzico di ironia, ma di un affresco lucido e severo del contesto politico-sociale, dove tutte le componenti sono intrecciate e interdipendenti. Lautrice, che inizia parlando di suo padre, contadino, operaio, poi gestore con la moglie di un bar drogheria, si affranca con dolorosa tenerezza dalle proprie origini e cerca di trovare con i genitori un linguaggio comune, che fa fatica ad elaborare. Riesce però a far assurgere lesperienza individuale a una dimensione universale che parla a tutti noi, di tutti noi. In altri romanzi analizza il rapporto con la madre, la morte di una sorella, un aborto. La vita e la morte sono sempre presenti, in un incessante divenire tra luci e ombre, sensi di colpa e coscienza vigilante, tra un io e un noi non nettamente divisibili. Occorre salvare qualcosa del tempo in cui non saremo mai più. Ad Annecy mi sono appoggiata alla bellezza del mondo. E ho tenuto lodore delle stagioni nelle mie mani.
Lautrice non ha descritto un mondo ineffabile con parole ispirate ma ha usato una lingua comune, quella di tutti, il solo strumento con cui contava di agire contro ciò che la faceva ribellare. Un libro può davvero diventare uno strumento di lotta politica, esistenziale, dentro e fuori di noi.
m.g.
[Annie ERNAUX, Gli anni, (2008) tr. it. di Lorenzo Fabbri, lOrma, Roma 2015, euro 16]
Marta Ghezzi - autrice di questa recensione - è pensionata, scrittrice, già dirigente dei servizi sociali nel Comune di Pavia e impegnata come volontaria in movimenti eco femministi per il dialogo interreligioso e interculturale. Ha al suo attivo oltre 16 pubblicazioni. E amante della letteratura narrativa, poetica, saggistica -, con particolare interesse per la teologia femminista.